Il poliedrico attore maranese Sasà Trapanese nel 1992 fu protagonista di un lungometraggio televisivo sul grande tenore napoletano Caruso
Il periodico “ideaCittà” gli dedicò un
servizio speciale e lo intervistò
L’articolo datato novembre 1992 a firma di
Silvana Aricò
Sasà Trapanese, giovane attore trentaseienne (in
questi giorni ha festeggiato il suo 64esimo compleanno), scapolo, originario di
Piscinola, abita a Marano da diversi anni,
dalla sua adolescenza. Ed è qui che fa ritorno dopo le sue lunghe tournée per riposarsi, circondato dal calore e dall’affetto
della sua famiglia. Secondo di sette figli. Il padre e infermiere, ora in
pensione, la madre, a lui tanto legata, per anni ha gestito un “coloniali” in
via Isonzo n.11.
In questi giorni Sasà ha compiuto un “miracolo”: far
rivivere Caruso. Questo, non solo all’enorme somiglianza al grande tenore
napoletano. Nel ruolo, Sasà è apparso a suo agio, si è dedicato con serietà e
amore al personaggio.
Scrive di lui l’illustre filologo e studioso carusiano
prof. Umberto Ricci: “Sono rimasto impressionato dalla somiglianza del
protagonista Trapanese con Caruso. L’abbigliamento, la giacca, la cravatta, i
pantaloni, le scarpe estive a due tinte, pelle lucida nera e camoscio bianco,
tipica moda dell’epoca, hanno reso più verosimile il personaggio. Vederlo lì,
la mano poggiata con delicato abbandono, sul davanzale che si affaccia sul
mare, il volto chiuso in un’inconsapevole malinconia, e confrontarlo con l’ultima
fotografia del 7 luglio 1921 è una sensazione indefinibile. Trapanese mi ha
riportato, per un istante, al Caruso di quei suoi ultimi giorni di vita, in un’atmosfera
di ricordi che sfumano e svaniscono come evanescenti figure “alonate”, mi
consenta il termine, che appaiono indistinte in lontananza nella lattescenza
che hanno i primi giorni dell’autunno all’alba.
Questo è l’ultimo omaggio al grande caruso, uno degli
artisti di maggior talento che Napoli abbia mai avuto. Di lui negli anni si è
parlato e scritto. Del suo rapporo con questa città, che non gli ha mai
attribuito i giusti onori di vita. Della sua fuga in America, del suo successo,
del suo ritorno e della sua morte avvenuta in solitudine in una camera dell’Hotel
“Excelsior a Sorrento, sono state scritte fiumi di parole, ma mai nessuno aveva
pensato di realizzare un film-documento espressamente concepito per la
televisione sul grande artista ancora oggi ricordato a New York come a Napoli.
Nel film il grande tenore viene presentato
nella sua reale statura umana ed artistica.
I brani cantati, e ne sono tanti, sono ripresi dalle
vecchie incisioni a 78 giri. Il materiale tutto originale dell’epoca è stato
fornito dal Museo Caruso di Milano.
Abbiamo chiesto a Sasà Trapanese quando ha cominciato
a recitare.
“Avevo 21 anni. Ho lavorato con i Santella per i
primi tre anni. Ma il mio maestro è stato Mario Carotenuto”.
Sasà, artisti si nasce o si diventa?
“Artisti si nasce. Da piccolo ho sempre avuto il
desiderio di fare teatro, anche se ho trovato grossi ostacoli. Il primo, è
stato mio padre. Di idee tradizionaliste non vedeva nella mia aspirazione una
continuità e soprattutto una sicurezza economica”.
E tu ci hai sempre creduto?
“Il desiderio di arrivare al successo, mi ha dato
la forza di continuare”.
Come hai partecipato al provino?
“Tutto è cominciato quando il mio agente mi ha
presentato per il provino. Il regista Tony Luciano, australiano, ma di origine
procidana, cercava tre attori per l’interpretazione del lungometraggio “Caruso”,
co-prodotto da Rai-Uno, e da una società italiana, la PCM”.
Credi alle fatalità?
“In proposito ho un aneddoto da raccontare. Il
giorno primo di essere chiamato per il provino ho accompagnato al cimitero una
mia amica in visita sulla tomba della madre. Guarda caso ci troviamo proprio
alle spalle della tomba di Caruso. Improvvisamente, cosa mai capitata, ho
avvertito un senso di forte disagio e malore che mi ha costretto ad uscire
immediatamente dal cimitero. Il giorno successivo mi hanno chiamato per il
provino”.
Conoscevi artisticamente Caruso?
“Lo conoscevo molto superficialmente. Ho dovuto
studiare tantissimo. E’ stata un’esperienza incredibile, ho indossato i suoi
abiti, sono stato nei luoghi dove lui è stato, ho vissuto tutte le sue
esperienze dagli esordi alla fine. Mi sono immedesimato nel personaggio al
punto tale di sembrare a me stesso caruso, che meraviglia! Il mio temperamento
si fondeva in un unico corpo con la sua personalità, la sua sensibilità, la sua
passionalità. Caruso non è un cantante, non è una voce, è un miracolo!”.