Calvizzano. “O’ MAST ‘E FESTA”, un articolo e una poesia per ricordare un grande personaggio del passato: “Mimì ‘e Runat”
Domenico Sabatino, nel ricordo di tutti “Mimì ‘e
Runat”, oggi diremmo “nickname” per la mia generazione ad andare a ritroso,
era il contranome, cioè quell’aggiunta alle generalità che distingueva in modo
inoppugnabile il soggetto. Più che un vezzo, una esigenza nelle piccole
comunità come Calvizzano dove i ceppi
originari delle famiglie sono pochissimi e quindi i cognomi non bastano a
distinguere, aggiungendo a questo la tradizione di omaggiare il nonno paterno
battezzando con il suo nome il
primogenito, l’omonimia più che l’eccezione
è la regola.
Mimì veniva da una famiglia di carrettieri, categoria estinta e che come quasi
tutti gli eredi di tale professione e come quasi tutti i suoi
fratelli, Mimì diventò camionista, o meglio “padroncino”, letteralmente
“autotrasportatore proprietario del
mezzo”, altra categoria professionale travolta dai tempi della globalizzazione.
Mimì ci sapeva fare coi soldi, ma era una persona onesta, due qualità che non sempre vanno a braccetto che però gli erano riconosciute da buona parte della popolazione calvizzanese.
Soggetto perfetto quindi per la altrettanta scomparsa figura di “O’ mast ‘e fest”, cioè colui deputato alla raccolta fondi per le feste patronali, quello che andava casa per casa, negozio per negozio a chiedere i soldi e Mimì lo faceva mettendo in campo tutto il suo innato talento nella contrattazione, sapeva spillare denaro anche dalle rocce e quella sua passione non poteva non suscitare sospetti nei malpensanti. Ma questo Mimì lo sapeva benissimo, appartenendo lui a quella rara categoria di essere umani che ci mette la faccia e che non si tira indietro temendo le malelingue.
Al mondo c’è chi parla e c’è chi fa… e in fondo a tutti c’è chi parla male di chi fa!
Alla fine ciò che rimane è il ricordo di una Calvizzano illuminata a giorno dalle luminarie, delle processioni con la banda, dei concertini e dei fuochi “’’ngopp ‘a massaria”, ventate di nostalgia accompagnate al palato dal sapore dello spumone di “Piet o’ barrist” assaggiato ai tavolini in strada che quasi toccavano quelli del bar di Giacomino mentre negli spazi transitavano avanti e indietro gruppi di ragazze con il vestito buono e rigorosamente nuovo, nel rituale dello “struscio” che determinava tempeste ormonali in giovanotti dediti a risse tanto chiassose quanto dimostrative da pavoni in erba.
Soprattutto resta un affresco di una Calvizzano che non c’è più in quei suoi rari momenti di aggregazione. Le pennellate di “Mimì ‘e Runat” sono fondamentali in questo affresco della nostra memoria comune, per questo ti diciamo ”Grazie Mimì”: ti immagino seduto in uno di quei fortunati balconi che affacciano sul palco della festa a goderti lo spettacolo.
Mimì ci sapeva fare coi soldi, ma era una persona onesta, due qualità che non sempre vanno a braccetto che però gli erano riconosciute da buona parte della popolazione calvizzanese.
Soggetto perfetto quindi per la altrettanta scomparsa figura di “O’ mast ‘e fest”, cioè colui deputato alla raccolta fondi per le feste patronali, quello che andava casa per casa, negozio per negozio a chiedere i soldi e Mimì lo faceva mettendo in campo tutto il suo innato talento nella contrattazione, sapeva spillare denaro anche dalle rocce e quella sua passione non poteva non suscitare sospetti nei malpensanti. Ma questo Mimì lo sapeva benissimo, appartenendo lui a quella rara categoria di essere umani che ci mette la faccia e che non si tira indietro temendo le malelingue.
Al mondo c’è chi parla e c’è chi fa… e in fondo a tutti c’è chi parla male di chi fa!
Alla fine ciò che rimane è il ricordo di una Calvizzano illuminata a giorno dalle luminarie, delle processioni con la banda, dei concertini e dei fuochi “’’ngopp ‘a massaria”, ventate di nostalgia accompagnate al palato dal sapore dello spumone di “Piet o’ barrist” assaggiato ai tavolini in strada che quasi toccavano quelli del bar di Giacomino mentre negli spazi transitavano avanti e indietro gruppi di ragazze con il vestito buono e rigorosamente nuovo, nel rituale dello “struscio” che determinava tempeste ormonali in giovanotti dediti a risse tanto chiassose quanto dimostrative da pavoni in erba.
Soprattutto resta un affresco di una Calvizzano che non c’è più in quei suoi rari momenti di aggregazione. Le pennellate di “Mimì ‘e Runat” sono fondamentali in questo affresco della nostra memoria comune, per questo ti diciamo ”Grazie Mimì”: ti immagino seduto in uno di quei fortunati balconi che affacciano sul palco della festa a goderti lo spettacolo.
Gennaro GB Ricciardiello
La poesia
“A Mimì ‘e Runat”
“Ho visto la miseria
di questo popolo,
ho avuto pietà
per la progenie”.
Così ho udito la voce,
nelle nubi leggere,
di un vangelo aperto.
Siamo vivi, sapete?
Potremmo evitare
le sciagure agli stolti
obbedendo soltanto
alla voce.
Ho invocato San Giacomo
in Gloria,
e la schiera degli Angeli
in coro.
Da voi spero la fida preghiera
per me,
che nel grato ricordo
del Santo Patrono
ho vissuto qui in terra.
“Tu dei miracoli
emerito Santo,
di Calvizzano tutela e vanto”
Michele Ciccarelli: “non potevo che ricordarmelo così,
in un riferimento esplicito a San Giacomo.
La poesia del sacerdote artista calvizzanese Michele
Ciccarelli, parroco a Contrada (prov. di Avellino), e contenuta nel suo
secondo libro di prossima pubblicazione. Se ne stanno interessando l’ex
presidente del Consiglio, Antonio Mauriello, amico di Ciccarelli, che, fin
dall’inizio, ha sposato il progetto, e la presidente della “Pro Loco
Calvizzano: il mio paese”, Maria Luisa Sabatino. Il primo libro di Ciccarelli,
“Antologia Calvizzanese (Brani di Ricordi)”, venne pubblicato nel 2004.
Ringraziamo,
il ragioniere capo del Comune Salvatore Sabatino, figlio di Domenico Sabatino
(Mimì ‘ e Runat), per averci procurato la foto di suo padre, buonanima.