Dedicato a Don Crescenzo Grasso, indimenticabile sacerdote calvizzanese: altro prezioso pezzo, esclusiva del nostro blog, scritto dal prof. Luigi Trinchillo
Padre
Grasso (nato a Calvizzano il 28-07- 1915, ivi deceduto il 9-10-1997) fu il “confessore
di sempre” del prete calvizzanese Michele Ciccarelli che gli ha dedicato una
poesia: “In Memoria di don Crescenzo Grasso”. Al sacerdote è stato dedicato il
Centro Sociale Anziani di fronte al Comune
Quando
mi è stato chiesto di ricordare con un breve scritto Don Crescenzo Grasso, la
prima cosa che mi è venuta in mente è stata la splendida espressione dantesca
“la cara e buona immagine paterna”. Infatti, per le persone attualmente adulte
del nostro Paese, il ricordo di Don Crescenzo è indelebile, vuoi che
frequentassero la Chiesa, vuoi che fossero del tutto indifferenti alla
religione, perché era quasi impossibile non notarlo: continuò, fino alla fine
dei suoi giorni, ad indossare la “talare”, laddove, dopo il Concilio Ecumenico
Vaticano II, la quasi totalità dei presbiteri aveva optato per il clergymen,
l’abito “civile”, pur con il colletto caratteristico e una piccola Croce sul risvolto
della giacca. Don Crescenzo proseguì, invece, nella sua autonoma scelta, ad
usare il “vecchio” modo di vestire, perché, diceva, un prete dev’essere
distinguibile immediatamente, anche da chi non lo conosce né distingue i
particolari esteriori dell’abbigliamento quotidiano dei sacerdoti. Ma non si
creda che fosse un “passatista”: un episodio particolare può ben sintetizzare
la circostanza che vedesse di buon grado la partecipazione attiva dei laici
nella nuova visione della Chiesa post-conciliare. Infatti, quando fu
avviata, tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta,
la fase operativa, a livello parrocchiale, dei lavori del XXX Sinodo della
Chiesa di Napoli e il Parroco Don Peppino Cerullo di venerata memoria affidò
all’estensore della presente nota l’incarico di Coordinatore responsabile
dei lavori per la nostra Comunità di San Giacomo, avvenne un colloquio rivelatore.
L’impegno comportava, fra l’altro e nello specifico, la presentazione e l’introduzione
al popolo dei fedeli dei documenti proposti da Sua Eminenza il Cardinale
Corrado Ursi, l’organizzazione degli interventi, le comunicazioni ed i rapporti
con il Centro diocesano preposto. Ebbene, Don Crescenzo, al termine di una
delle numerose manifestazioni che si tennero in quel periodo, in Chiesa (oppure
nei locali della Canonica o nella sala-teatro), alle quali egli partecipava
sempre con interesse ed attenzione, proponendo, nell’immediato, o successivamente,
qualche opportuna puntualizzazione, si avvicinò per plaudire all’iniziativa del
coinvolgimento responsabile dei laici, osservando che mai, negli anni dei suoi studi preparatori nel Seminario,
avrebbe immaginato che avrebbe visto dei laici impegnati e capaci di “parlare
in modo tanto convincente e credibile, proprio in quanto laici, per cui il loro
messaggio sarebbe potuto giungere più facilmente anche ai lontani”. Da buon
Sacerdote, Don Crescenzo attribuiva al Sacramento della Riconciliazione,
vale a dire alla Confessione, un’importanza grandissima: era facile, allora,
vederlo per lunghe ore seduto nel Confessionale, in particolare quello
sistemato nel cappellone che ospita la tela della Deposizione di Gesù dalla
Croce di Nicola Vaccaro. Egli era sempre disposto all’ascolto, ad offrire conforto
e consigli nella sua “direzione spirituale”, a suggerire esemplificazioni di
vita pratica anche a coloro che si avvicinavano al Sacramento del Perdono
solo in occasioni eccezionali. Il penitente si allontanava dal Confessionale
con la sensazione di “potercela fare” a migliorare, a superare un momento di impasse
esistenziale. A giudicare dalle circostanze esterne, dovette essere quello di
Confessore il suo carisma più efficace, viste le ore impegnate in tale
missione. Inoltre, per buona parte della sua vita presbiterale, Don Crescenzo
svolse il ruolo effettivo di Cappellano (ufficioso o ufficiale che fosse) della
Congrega dell’Assunta e di San Ciro, celebrandovi puntualmente la Santa
Messa ogni domenica mattina e nei giorni festivi, garantendo celebrazioni
liturgiche partecipate e dignitose, come anche nelle annuali e tradizionali “novene”
in onore di San Ciro, della Santissima Vergine Maria Assunta in Cielo e,
talvolta, di Sant’Antonio, organizzando, sempre in sintonia con il Parroco, le
manifestazioni esterne, in particolare, la processione per le strade cittadine,
della venerata icona di San Ciro, fatta per la speciale devozione riservata a questo
Santo nella nostra Comunità, da tempo immemorabile. Egli attribuiva tale
rapporto preferenziale alla circostanza che San Ciro fosse il Medico perfetto, capace
di affrontare qualsiasi morbo del corpo e dello spirito, con l’ausilio della
fede. Lo stile delle Omelie che Don Crescenzo teneva durante la celebrazione
della Santa Messa, era sempre asciutto, concreto, efficace, che non perdeva mai
di vista il testo delle Sacre Scritture appena proclamate, così da coinvolgere
ed interessare i partecipanti al rito. Egli stesso confermava di preparare
puntigliosamente gli interventi domenicali, leggendo ed approfondendo, nella
settimana precedente, le pericopi previste, così da giungere all’ambone,
controllando la materia, e tuttavia inserendovi osservazioni e riflessioni
tratte dalla più stretta attualità. Non mancava di interessarsi delle
problematiche dei più giovani: infatti, per anni svolse il ruolo di docente di
Religione in istituti secondari statali di secondo grado napoletani. Assistito
amorevolmente dalla sorella Margherita, anche dopo il matrimonio di lei, condusse
una vita serena fino alla fine. Quando l’Arcivescovo di Napoli gli prospettò la
possibilità di divenire Parroco dell’erigenda Parrocchia di San Ludovico
d’Angiò, a Marano di Napoli, optò di rimanere a Calvizzano, ritenendo che
l’impegno propostogli fosse troppo gravoso, ormai, per una persona della sua
età, non più giovanile. Riprese, così, i suoi impegni pastorali, mai pentendosi
della rinuncia effettuata. Preferì, in realtà, proseguire nello svolgimento
della missione cui si sentiva vocato e a cui si era dedicato con abnegazione,
fin da quando era giovane Sacerdote, di Confessore e di coadiutore dei vari
Parroci susseguitisi a Calvizzano in quasi mezzo secolo, sempre discreto e
disponibile verso gli altri. L’ultimo ricordo dello scrivente vede Don
Crescenzo all’Ufficio Postale di Calvizzano, reciprocamente in una fila
sostenuta, come sempre accade nelle giornate di riscossione degli assegni
pensionistici o di altre scadenze obbligate. Eccolo, allora, un po’ trafelato,
ultimo arrivato, in attesa del proprio turno. Fu una gioia che, a distanza di
anni ancora rasserena, lo scambio del turno. Effettuata l’operazione allo
sportello, prima di allontanarsi, ringraziò con l’abituale semplicità e la
naturale schiettezza, confermando che avrebbe desistito dall’attendere di
entrare, quella mattina, se il Signore non fosse intervenuto per rendergli meno
ardua l’incombenza, poiché “veramente non si sentiva bene”. Non ci si rivide
più e, difatti, non molto tempo dopo, si spense, sembrando a chi lo conosceva
che se ne fosse andato in punta di piedi, con la stessa discrezione che aveva
caratterizzato l’intera sua vicenda umana. Fu sempre cittadino esemplare e coerente
con il suo credo religioso ed il suo impegno sacerdotale. In sintesi, il quadro
complessivo che si ricava dal ricordo di una persona come Don Crescenzo Grasso,
anche a distanza di anni dagli eventi e dalla sua scomparsa, risulta essere quello
di un uomo credibile, concreto, “con i piedi per terra”, testimone della sua
fede, impegnato e, in nessun caso, “chiacchierato”, come, purtroppo, avviene
frequentemente, quando si risiede in un centro piccolo come Calvizzano, dove
tutti conoscono tutti e talvolta si arrogano il diritto di critica e di
giudizio, a proposito e, più spesso, a sproposito.
Prof.
Luigi Trinchillo
“In
Memoria di Don Crescenzo Grasso”, la poesia del sacerdote-poeta Michele
Ciccarelli
“Miserere
mei, Domine,
miserere
mei”.
Nella
penombra sottile
-misterioso
richiamo –
mi
inginocchiavo
dinanzi
a te, Crescenzo,
sacerdote.
E
ti chinavi in ascolto,
giudice
e padre.
Mi
davi speranza
ogni
volta,
scoglio
sicuro per me,
pellegrino
nei flutti.
Sempre
ti vidi assorto,
mai
svagato né perso.
Attendevi
paziente
Il
tuo gregge
-mutevole
stirpe-
venirti
incontro
col
viso contrito.
Allora,
chiudendo il breviario,
con
bianche mani
tracciavi
nell’aria
il
segno di croce.
Michele
Ciccarelli: “Dedicata al mio confessore di sempre”
Don
Crescenzo è vissuto, fino alla sua morte, in via De Gasperi a Calvizzano. Ringraziamo il sagrestano Raffaele per averci
procurato la foto del sacerdote.