Si avvicina il giorno dell’evento (sabato 30 novembre ore 17, sala teatrale parrocchia San Giacomo Calvizzano) in memoria Otello Di Maro: il blues man nero a metà nei ricordi del suo grande amico Paolo Ferrillo

“Sua madre Assunta era orgogliosa di quel figlio diverso”


Un foglio ingiallito dai vapori della cucina e dalla nicotina, quattro buchi negli angoli nella speranza di fermare il tempo con le puntine da disegno, sopra, stampato al computer, un albero di Natale con, al posto delle palline, i nomi di chi partecipò a quel regalo: una chitarra acustica Yamaha FG 730S.
Questo fu il primo foglio che trovai quando, all’indomani della scoperta del suo estremo gesto, decisi di aprire il raccoglitore ad anelli che aveva lasciato a casa mia per gli incontri musicali che avremmo dovuto avere durante le festività natalizie.
Avevamo progettato di arrangiare alcuni suoi pezzi musicali utilizzando un nuovo software che in quel periodo stava diffondendosi tra gli appassionati di musica e che permetteva, anche ai non professionisti, di ottenere file audio di buona qualità.
Con la scusa di non voler trasportare un borsone ingombrante tutte le volte che sarebbe venuto, mi chiese di poter lasciare a casa mia il suo materiale musicale. Gli feci sistemare il tutto in un angolo del mio studio e lui soddisfatto raccomandò a i miei figli di non toccare “la roba di zio Otello”.
Il raccoglitore ad anelli conteneva tutte le sue liriche dattiloscritte, le musicassette su cui aveva registrato le sue canzoni, una lettera di addio firmata e una foto.
La chitarra, riparata alla bell’e meglio dal padre di Peppe Cavallo, aveva un danno alla cassa dovuto ad una caduta dal chiodo a cui la teneva appesa (danno che successivamente feci riparare da un liutaio romano).
Gliel’avevamo regalata agli inizi degli anni ‘90.
Coinvolsi un gruppo di amici che ha sempre avuto nei suoi confronti grande stima. Dividemmo il costo dello strumento in quote da cinquantamilalire e ci fu Raffaele Visconti (deceduto la settimana scorsa, ndr) che volle pagare 4 di quelle quote.
Per dargliela, mia mamma organizzò una serata a sorpresa nella mia casa paterna, in via Roma.
Gli diedi appuntamento con la scusa di fargli ascoltare un nuovo brano ma, una volta entrato in casa, vedendo gran parte dei suoi amici e sul tavolo rustici e pasticcini, restò impietrito immaginando che qualcosa avevamo architettato. Quando mia sorella entrò nel salone con la chitarra restò senza parole. Ci volle del tempo prima che riuscisse ad imbracciare lo strumento e produrre, con mani tremanti, alcune note.
Suonai anche io facendo ascoltare ai presenti “figlio di un amore lontano” che Otello già conosceva.
Senza dilungarmi su quella serata, voglio raccontare brevemente di una cosa che accadde quella notte.
Erano le 3:45 (ricordo bene l’ora perché in quel periodo avevo una sveglia elettronica indicante l’ora a caratteri cubitali) quando il telefono squillò svegliando me e mia moglie dal sonno. Risposi preoccupato e riuscii a sentire un “filo di voce” che, dall’altro capo del telefono, si scusava per l’ora e si giustificava dicendo che solo da pochi minuti Otello si era addormentato e lei, la madre, voleva ringraziarci per ciò che avevamo fatto per il figlio. Mi disse che Otello non aveva mai ricevuto un regalo e che era stato tutte quelle ore a raccontarle della serata. La frase più ricorrente era stata: ”mamma ci pensi, l’hanno regalata a me”.
Volle sapere chi fossero i partecipanti al regalo e “a chi appartenessero”. Che lei non immaginava che così tante persone volessero bene a suo figlio.
Le dissi che quella chitarra era un omaggio ad Otello da parte di tutti quelli che con lui avevano condiviso passioni (musica, poesia, bigliardo e carte) e quindi anche di quelli che per mancanza di tempo (durante quel periodo frequentavo un corso di studi a Siena) non avevo potuto coinvolgere e che sicuramente avrebbero partecipato.
In quelle due ore che mi tenne al telefono mi chiese di raccontarle della “festa” (“Otello mi ha detto ma sono sicura che non ha raccontato tutto”), mi raccontò di quei mesi in cui le truppe americane stazionarono a Calvizzano, delle promesse fatte dai soldati alle ragazze del paese. Mi raccontò delle difficoltà che aveva incontrato sia in famiglia che tra i conoscenti quando aveva deciso di portare avanti la gravidanza e dell’attesa di un “ritorno/partenza” purtroppo mancati, che avrebbero poi condizionato la loro vita. Era però fiera della scelta fatta ed orgogliosa di quel figlio “diverso” a cui lei aveva cercato di affiancare una ragazza, anche “di fuori” (di altre zone d’Italia) che non tenesse conto del colore della pelle.
Mi racconto della felicità del figlio quando Raffaele Ferrillo (mio cugino cha da vari decenni vive a Modena, anche lui musicista per passione) lo aveva invitato al suo matrimonio (l’unico matrimonio a cui aveva partecipato) dicendogli: “il regalo che mi devi fare e quello di venire al mio matrimonio, niente altro”.
Mi disse che Otello le aveva raccontato della canzone che gli avevo dedicato e che era curiosa di ascoltarla. Prima di riattaccare mi chiese se potevo passare nella loro “umile casa” per un caffè.
Quando riagganciai il ricevitore erano le 5,30 del mattino.
Mia madre il giorno dopo mi raccontò che alle 5,30 lei e mio fratello Antonio, erano stati svegliati da una telefonata: Assunta aveva ringraziato anche loro.

Ringraziamo Paolo Ferrillo per le foto che ci ha inviato per ricordare Otello

La casa dove abitava Otello


La foto del diploma di merito che Otello vinse postumo per il libro “l’autoepitaffio”.





Visualizzazioni della settimana