Succede che in Italia se non muori ammazzato non sei credibile, così la morte di Francesco Saverio Borrelli, in questa afosa e distratta estate italiana, è passata quasi inosservata
Fonte foto: "la Repubblica Milano.it" |
Destino segnato quello di Borrelli, già figlio di procuratore capo di Milano e
con una tesi di laurea discussa con Piero Calamandrei, destino a cui non si
sottrasse senza ombra di dubbio, ma ci si infilò anima e corpo, nonostante il
pericolo che qualche “corpo” potesse finire male da quelle parti fosse più che
concreto, a quei tempi era ancora vivissimo il ricordo del caso dell’
assassinio dell’ avvocato Giorgio Ambrosoli, liquidatore della Banca Privata
Italiana di Sindona. Insomma l’ammonimento mica tanto implicito “Chi tocca
certi fili Muore” era ben presente. Nonostante questo, Borrelli un filo
cominciò a toccarlo e a tirarlo,
apparentemente irrilevante: quello del “Pio albergo Trivulzio” gestito da Mario
Chiesa, il “mariuolo” come lo definì Bettino Craxi (da notare anche qui il
paradigma negativo del sud nell’inflessione forzata dialettale), fatto sta che
tirando quel filo venne giù tutta la matassa marcia della Prima Repubblica.
Purtroppo la Seconda Repubblica è stata figlia legittima e degna erede della seconda, consegnando l’Italia dalle mani del corrotto a quelle del corruttore, decadde il sistema sovrastrutturale ma passando direttamente nelle mani di chi ne usufruiva, così un imprenditore molto discutibile, sfruttando il suo potere mediatico, riuscì a presentarsi alle elezioni sfiorando il 50% dei consensi, acclamato a furor di popolo come Re Mida. Fu così che l’utente del sistema divenne il sistema stesso.
Nonostante l’accorato e memorabile appello “Resistere, resistere, resistere” proclamato da F.S. Borrelli all’inizio del suo ultimo anno giudiziario da magistrato, ultimo strale lanciato contro le leggi ad personam che fioccavano dal parlamento e che rendevano sempre di più vane tutte le fatiche di quel “pool mani pulite” da lui coordinato e diretto.
Borrelli e il suo pool furono una chance per l’Italia per uscire dai bassifondi della classifica dei paesi più corrotti del mondo, di essere un paese all’altezza che gli compete, una opportunità mal sfruttata.
Chissà perché gli italiani ogni qual volta si presenta una occasione del genere, si danno una martellata sui “maroni” e invece di innestare la marcia avanti introducono la retromarcia.
Destino maledetto di questo Paese, ogni qual volta c’è la possibilità di svoltare verso il futuro, il manovratore diventa quanto di più vecchio il passato possa consegnare.
Poveri figli!
Come concludere: “Resistere, resistere, resistere”.
Purtroppo la Seconda Repubblica è stata figlia legittima e degna erede della seconda, consegnando l’Italia dalle mani del corrotto a quelle del corruttore, decadde il sistema sovrastrutturale ma passando direttamente nelle mani di chi ne usufruiva, così un imprenditore molto discutibile, sfruttando il suo potere mediatico, riuscì a presentarsi alle elezioni sfiorando il 50% dei consensi, acclamato a furor di popolo come Re Mida. Fu così che l’utente del sistema divenne il sistema stesso.
Nonostante l’accorato e memorabile appello “Resistere, resistere, resistere” proclamato da F.S. Borrelli all’inizio del suo ultimo anno giudiziario da magistrato, ultimo strale lanciato contro le leggi ad personam che fioccavano dal parlamento e che rendevano sempre di più vane tutte le fatiche di quel “pool mani pulite” da lui coordinato e diretto.
Borrelli e il suo pool furono una chance per l’Italia per uscire dai bassifondi della classifica dei paesi più corrotti del mondo, di essere un paese all’altezza che gli compete, una opportunità mal sfruttata.
Chissà perché gli italiani ogni qual volta si presenta una occasione del genere, si danno una martellata sui “maroni” e invece di innestare la marcia avanti introducono la retromarcia.
Destino maledetto di questo Paese, ogni qual volta c’è la possibilità di svoltare verso il futuro, il manovratore diventa quanto di più vecchio il passato possa consegnare.
Poveri figli!
Come concludere: “Resistere, resistere, resistere”.
Gennaro Gb Ricciardiello