Marano, facciamo chiarezza sulla storia della lottizzazione C4 di zona San Marco: fu sventata dall’ex commissario Tramonti



La questione è tornata al centro del dibattito politico

Gli ideatori dell’operazione C4 furono l’ex assessore all’Urbanistica ai tempi di Perrotta. Matteo Morra, e l’ex dirigente Gennaro Pitocchi. L’idea di fondo fu quella di sfruttare una delle 9 aree rimaste (inizialmente erano undici; due sono state già realizzate: C1 via Falcone e C3 zona Cesina) del vigente Piano regolatore destinato a Edilizia economica e popolare (Peep). Si scelse la C4 perché, sugli 80mila metri quadrati da lottizzare, insiste un’area pubblica di circa 12mila metri quadrati, diventata di proprietà comunale in seguito all’estinzione dell’ex ente benefico Ipab. Nell’ambito del piano in questione, si inserivano, sul suolo di proprietà comunale, un intervento di Edilizia residenziale pubblica (Ers), un certo numero di case popolari (erano da quantificare) con lo stanziamento di 8mlioni di euro da parte dell’Iacp (Istituto autonomo case popolari) e un intervento sperimentale di case in autocostruzione (gli assegnatari prestano la loro manodopera, seguiti da un tutor), basato sulle esperienze fatte in Umbria, Toscana e Lombardia (la cooperativa Alisei, una delle maggiori esperte di alloggi in autocostruzione aveva scelto Marano e Piedimonte Matese, come progetti pilota in Campania). Contemporaneamente, per sfruttare una parte di area che i privati devono rilasciare per legge per infrastrutture primarie (fogne, strade, acquedotto, illuminazione pubblica) e infrastrutture secondarie (chiese, scuole, attrezzature sportive) per un totale, nel caso specifico, di 40mila metri quadrati, venne prevista, grazie a un finanziamento regionale di 8milioni di euro già a suo tempo accordati (i cosiddetti fondi EQF emanati dall’assessorato regionale al Lavoro, all’epoca retto da Corrado Gabriele), una scuola primaria, da realizzare, per la maggior parte, sull’area dei privati destinata alle infrastrutture e, per una piccola parte, sua rimanente area comunale, visto che l’altra fu riservata alle Ers, agli alloggi popolari e a quelli in autocostruzione. La restante parte degli 80mila metri quadrati, invece, doveva essere utilizzata per le lottizzazioni pubbliche e quelle private. In questo modo, come scrisse in un comunicato il Partito democratico, sarebbe stato possibile avere un ventaglio di offerte in grado di soddisfare le esigenze abitative non solo di chi ha una situazione finanziaria solidae può scegliere di partecipare a una cooperativa di costruzione, ma anche di anziani, disoccupati, immigrati e famiglie senza un reddito fisso, che avrebbero avuto diritto a una casa popolare o avrebbero potuto costruirsi da soli la propria casa su suolo pubblico.
Cosa successe?    
Sfumarono i due finanziamenti richiesti: quello regionale per la scuola e quello dell’istituto autonomo case popolari.
La Regione – dichiarò all’epoca Morra al periodico L’attesa – non ci elargì più il finanziamento per la scuola, poiché Caldoro (ex governatore della Regione), appena insediatosi, tagliò diversi finanziamenti accordati dalla vecchia amministrazione Bassolino, tra cui proprio il nostro. Allora decidemmo di affidarci a un privato sia per la scuola (per la quale fu contratto un mutuo di 3milioni di euro), sia per gli alloggi residenziali Ers, per dare risposta al fabbisogno abitativo e, nel contempo, rilanciare il settore edilizio con il suo indotto”.
Ecco che la giunta Perrotta con delibera 116 del 2010, nella finalità di dare attuazione alle previsioni del vigente Prg, in relazione alle otto aree rimaste destinate ai Peep, approvò i progetti preliminari redatti da Pitocchi per i comparti C2.1, C2.2 (zona Vallesana collegata a via Marano Pianura), C4.1, C4.2, contestualmente diede mandato al responsabile dell’Area tecnica di procedere alla redazione dei Pua (piani attuativi). Pitocchi, invece, con determina 558 del 29 dicembre 2010 indisse il bando per reperire il privato. Ad aprile 2011, nonostante Perrotta avesse sospeso gli atti, venne aggiudicata la gara alla Sarracino Costruzioni srl, unica partecipante. A giugno 2011, a Perrotta subentrò il sindaco Cavallo, il quale dovette, insieme all’assessore all’Urbanistica, Emma Buondonno, affrontare la questione. Dopo lunghe discussioni, si decise di spostare la scuola e le Ers sui 12mila metri quadrati di proprietà comunale, pertanto fu invitata la ditta Sarracino a riformulare il progetto definitivo sulla scorta del nuovo indirizzo amministrativo. La Buondonno dichiarò al giornale L’attesa che, in base al nuovo Decreto Sviluppo, per la costruzione di opere pubbliche su suolo pubblico non ci fosse bisogno della redazione di un Pua (concetto smentito da una sentenza del Tar). Forte di questo principio, con determina 32 del 2 febbraio 2012, venne predisposto lo schema di convenzione da dar firmare alla ditta Sarracino per poter dare avvio ai lavori.      
Fu così che 12 consiglieri di maggioranza, con una lettera inviata al sindaco  Cavallo chiesero di fermare le bocce  
La minoranza, tra cui Bertini, Scotto, Albano e Liccardo chiesero un Consiglio comunale straordinario nel quale si chiedeva di annullare tutti gli atti relativi alla C4.
Nella seduta del 20 febbraio 2012, infatti, venne bocciata la lottizzazione C4 con il voto contrario della minoranza e l’astensione dei consiglieri di maggioranza. Pertanto, si diede mandato alla giunta Cavallo di annullare gli atti. Ma la giunta Cavallo, nonostante tutto, ne sancì solo una sospensione, senza indicare un termine, e, per questo motivo , la ditta Sarracino inoltrò ricorso al Tar, chiedendo al Comune 3 milioni di euro per risarcimento del danno.
Il Tar si pronunciò dando 45 giorni di tempo all’amministrazione per prendere una decisione. Decisione che fu presa dal Commissario Tramonti (nel frattempo Cavallo decise di dimettersi) con delibera 14 e la determina 245  a firma del dirigente ad interim dell’epoca dell’Ufficio tecnico, Aldo Ferrara, attraverso la quale furono annullati, in autotutela, tutti gli atti precedenti riguardanti la lottizzazione C4, prodotti dalle amministrazioni Perrotta e Cavallo. La Sarracino fece di nuovo ricorso al Tar, che si pronunciò ponendo la parola fine a tutte l’ operazione.    




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