Gaetano Filangieri, filosofo: è considerato l’ideologo della Rivoluzione partenopea del 1799. Al grande giurista e pensatore dell’Illuminismo è dedicata la XXV edizione del “Maggio dei Monumenti”
Alla sua opera si richiamarono gli uomini della Repubblica
napoletana per promuovere le riforme che solo in parte riuscirono a realizzare
Gaetano Filangieri fu uno dei massimi giuristi e pensatori italiani. Il suo
illuminismo fu “napoletano”, cioè non assimilato dall’esterno, ma prodotto in
quella Napoli del ‘700 che si era dimostrata uno dei maggiori laboratori di
idee d’Europa.
Nacque a Cercola, in provincia di
Napoli, il 18 agosto 1752 da nobile famiglia: il padre, Cesare, era il principe
di Arianiello.
Terzogenito, fu avviato alla carriera
militare secondo la tradizione dell’aristocrazia, ma in seguito preferì
dedicarsi agli studi.
A soli 19 anni scrisse la sua prima
opera Pubblica e privata educazione. Nel 1774 si laureò in
giurisprudenza presso l’Università di Napoli ed esercitò per breve tempo
l’avvocatura.
Mente illuminata, si adoperò brillantemente a favore del progetto di riforma
della giustizia, mettendosi così in luce a corte, dove ebbe incarichi fin dal
1777. Nel 1783 sposò la contessa Carolina Fremdel di Presburgo e subito dopo si
trasferì a Cava de’ Tirreni dove elaborò la sua famosa Scienza della
Legislazione.
Nel 1787, rientrò a Napoli chiamato al
Supremo Consiglio delle Finanze, ma stava oramai già morendo di
tubercolosi. Si ritirò a Vico Equense, dove morì il 21 luglio 1788. Non aveva
nemmeno compiuto 36 anni.
L’illuminismo di Filangieri fu prodotto
in quella Napoli del ‘700 dove ancora sopravvivevano i privilegi
feudali, il lusso sfrenato della nobiltà e del clero, mentre l’enorme massa
plebea vegetava nell’ignoranza, in balia dei prepotenti.
Il tessuto sociale ridotto a brandelli
era l’essenza di quella che sarebbe stata chiamata “questione meridionale”, in
quanto impediva non solo il progresso, ma metteva in forse la stessa esistenza
di una civiltà.
In tale contesto, Gaetano Filangieri
rappresentò la voce riformatrice dell'Illuminismo napoletano, la cui efficacia
fu limitata dalla precoce morte, dalle vicende rivoluzionarie in Francia, e
dalle conseguenze che esse ebbero o indussero.
Per la Napoli borbonica il Filangieri
aveva pensato ad un modello di monarchia illuminata, in cui il re guidasse una
"rivoluzione pacifica", da attuarsi attraverso la riforma della
legislazione.
Ne dovevano scaturire riforme
essenziali: uguaglianza civile e pubblica istruzione per tutti i cittadini del
Regno, libertà commerciale, codificazione delle leggi, riforma della giustizia,
ridistribuzione delle proprietà terriere per creare un vasto ceto di piccoli
proprietari, fiscalità basata su di un'imposta unica sul reddito prodotto.
Proposte e intuizioni quasi “sovversive”
per l’epoca, ma sempre illuminate dal ragionamento e sorrette da concrete
argomentazioni giuridiche, tali da indurci allo sconcerto se confrontate con il
“nulla” delle generazioni di “paglietti” (così erano detti i tanti
avvocati napoletani dell’800 e del ‘900, ndr) che seguirono.
Poche delle riforme proposte dal Filangieri
trovarono applicazione: con maggior successo per la procedura penale, quasi
unicamente sulla carta per la pubblica istruzione.
La rivoluzione francese, il successivo
periodo napoleonico e quello della restaurazione condannarono il Regno a un
progressivo decadimento.
L’opera del Filangieri, La
Scienza della Legislazione, progettata in sette volumi, fu pubblicata
a partire dal 1780: Norme Generali, Diritto e Procedura Penale (1783),
l'Educazione (1785). Una seconda parte uscì postuma.
I manoscritti originali andarono persi
durante i saccheggi degli anarchici durante la rivoluzione del 1799.
Per forza innovatrice illuministica e
consistenza giuridica, l'opera fu universalmente apprezzata, tranne (verrebbe
da aggiungere un “ovviamente” o “come al solito”!) dalla Chiesa cattolica che,
nel 1784 provvide a metterla all’indice.
I padri costituenti degli Stati Uniti
d’America, invece, la presero a riferimento per la Costituzione americana ed
uno di essi, lo scienziato-pensatore Benjamin Franklin, si avvalse più volte
del parere del Filangieri.
L'opera fu tradotta in inglese, in
francese, in tedesco, in spagnolo.
L’atteggiamento ostile della Chiesa era,
dal punto di vista della curia, ampiamente motivato. Filangieri non aveva solo
criticato il parassitismo ed i troppi privilegi del clero, ma aveva messo in
campo proposte (giustizia sociale e giuridica, uguaglianza, pubblica
istruzione, restituzione delle terre ecclesiastiche, ecc.) miranti al
progresso.
Il potere ecclesiastico puntava invece
sul mantenimento dello status quo, e poteva sperare di sopravvivere solo se
permanevano le ingiustizie, miserie ed ignoranze.
Gaetano Filangieri si attendeva il
progresso attraverso una azione legislativa fondata sulla Ragione e
concretamente rivolta allo sviluppo della realtà socio-economica del Regno
siculo-partenopeo.
Oggi di lui a Napoli resta una bella
strada ed il museo, ma tra i napoletani c'è ancora traccia del suo “lume”?
Considerata l'attuale politica
separatista e la manipolazione di certe verità storiche, la domanda si pone
retorica.
Fonte il Nuovo Monitore Napoletano, diretto da Antonella Orefice