Calvizzano, verso la presentazione di “Un amore diverso”: il libro della Di Marino fornisce lo spunto per parlare di omosessualità e omofobia



“A somme fatte il nemico da combattere non è l’omofobia ma la sottocultura, avversario molto più subdolo”

Manca poco ormai al ritorno a Calvizzano della sempre più illustre nostra concittadina Lella Di Marino, questa volta per presentare il suo ultimo libro edito da Mondadori : “Un amore diverso”, romanzo che tratta un argomento delicato, uno di quei gradini bassi eppur sempre difficili da scalare quando si parla di omosessualità.
Nell’attesa, cerchiamo di scaldare l’ambiente ed i muscoli cerebrali, sperando che all’evento della presentazione si riesca ad instaurare un dibattito culturale vivace e produttivo. Lo facciamo con un paio di articoli, tra cui questo primo traendo spunto da fatti cronaca, in un secondo cercando di analizzare l’entroterra storico, politico, sociale e perché no religioso che gira intorno alla realtà omosessuale.

Vittoria (RG) 15 dicembre 2018
Francesco Tommasi, 20 anni, viene aggredito con calci, pugni, sputi e schiaffi da una banda di sei minorenni. Francesco Tommasi è gay e per questo è stato insultato è picchiato da una gang di ragazzini.
Potrebbe essere questo l’inizio dell’ennesimo articolo denuncia contro l’omofobia, avrebbe seguito ed interesse e tutti si sentirebbero partecipi emotivamente… ma questa storia ci da’ chiari indizi di lasciar perdere per un attimo i “soliti noti colpevoli” per approcciarci di più con il senso della realtà odierna.
Francesco è la vittima dell’aggressione, ma non il discriminato. Gli emarginati, i reietti, i disadattati, quelli al di fuori della morale corrente, quelli da curare e recuperare sono i sei ragazzi.
Questa conclusione è tangibile dalla reazione composta  di Francesco  che non ha stigmatizzato la sua disavventura, augurandosi di poter incontrare i sei adolescenti per abbracciarli, empaticamente coinvolto dal loro disagio, ma vale la pena fare una carrellata su alcune dichiarazioni di Francesco che rendono molto meglio: ”Siamo persone, tutto il resto dovrebbe essere un dettaglio”, pochi mesi prima un altro ragazzino gli aveva urlato “finocchio” “in quel caso sono andato verso di lui, l’ho abbracciato e poi gli  ho detto: Grazie per il riconoscimento”, “ E’ tutto estremamente banale quando si condanna l’odio, è banale dire che non si dovrebbe fare, eppure succede ogni giorno”, “Cosa dovrei dire? Cosa dovrei fare? Dovrei dire che non dobbiamo picchiare? Che non dobbiamo odiare? Mi sembra un po’ scontato”, “Non ho più saputo niente di loro, ma ci penso spesso, vorrei abbracciarli”,
 “L’ultima volta che sono stato in chiesa ho pregato per loro, non perché dovessi perdonare qualcuno o qualcosa, ma perché penso a quanto affetto gli manca per arrivare a picchiare un semplice passante per strada”.

Segno ancora più tangibile di dove stia l’emarginazione è il particolare che mentre Francesco e la madre erano in caserma per mettere agli atti l’accaduto, nello stesso momento in quella stessa caserma, ci fosse la mamma di un ragazzo della gang, presumibilmente il capetto;  stava lì per denunciare il figlio, quando gli ha chiesto conto del perché lo avesse fatto, il figlio ha risposto “Ma perché è un finocchio” allorché  la donna si è resa conto che la “devianza del figlio” non poteva essere più gestita dalla famiglia.
Quindi la domanda concreta non è perché gli omosessuali vengano picchiati, ma perché ci sono alcuni elementi, fuori da ogni contesto sociale, che picchiano gli omosessuali.
Le ragioni sociologiche da prendere in considerazione sono innumerevoli, ma non sono un sociologo e non mi addentro in certe tematiche. Posso azzardare invece una analisi socio politica, con un panorama fatto di eccessi, come i ” gay pride  da una parte e pseudo “partiti della famiglia” dall’altra, aggregazioni fondamentaliste che ormai non rappresentano più nessuno, perché nel frattempo la società è andata avanti.
Ora la vera questione sta nel capire come sia possibile che a terzo millennio cominciato da un bel po’, con una alfabetizzazione totale da varie generazioni e da una oggettiva possibilità da parte di tutti di connettersi alla realtà globale, ci siano ancora sparute sacche impermeabili ad una benché  minima emancipazione culturale. Il problema non è l’omofobia, non più ormai; esattamente un anno prima di Francesco a Vittoria, Arturo viene accoltellato a Napoli ed i ragazzini colpevoli dell’aggressione non avevano la minima idea dell’orientamento sessuale della loro vittima.
Quindi sotto l’aspetto squisitamente di priorità sociale, sommando i soli casi di Vittoria e di Napoli, abbiamo Francesco e Vittorio che, nonostante la disavventura, orgogliosamente riprenderanno la loro vita a fronte di nove giovani potenziali criminali a fortissimo rischio da recuperare. A somme fatte il nemico da combattere non è l’omofobia ma la sottocultura, avversario molto più subdolo perché l’omofobo lo si può additare mentre il disadattato sociale ricade su tutti noi, scendere in piazza per i diritti dei gay è più gratificante che ammettere di non essere ancora stati capaci di creare una società civile che includa tutti.

Gennaro GB Ricciardiello
 






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