Marano, restauro Palazzo Battagliese, una telenovela durata oltre 15 anni, ma con tante zone d’ombra



Saltiamo tutti i passaggi accaduti nei dieci anni precedenti, altrimenti occorrerebbe un libro intero per descrivere l’intera telenovela Palazzo Battagliese, la cui ristrutturazione fu programmata ai tempi di Bertini. A ottobre 2011, il vicesindaco e assessore alla Cultura Gaetano Bonelli della giunta Cavallo, dichiarò al periodico l’attesa che l’inaugurazione dello storico Palazzo sarebbe avvenuta nella primavera 2012. A marzo 2012, però, visto che i lavori procedevano a rilento, Bonelli corresse il tiro e, sempre al periodico, assicurò che entro la fine del 2012 l’opera sarebbe stata consegnata alla città.  Per via della particolarità delle opere da realizzare, che richiedevano un maggiore e più assiduo coordinamento, l’amministrazione Cavallo decise di affiancare al direttore dei lavori, arch. Ernesto Ferrara, un direttore operativo. La scelta cadde sull’architetto Ornella Amato, iscritta all’albo dei tecnici di fiducia del Comune, “poiché – si legge nell’atto di affidamento -  oltre ai requisiti tecnico-professionali, risulta avere anche una approfondita conoscenza dell’immobile e della sua evoluzione storico-urbanistica, visto che buona parte della sua tesi di laurea ha riguardato l’analisi storiografica del palazzo Battagliese”.
D’altro canto, essendo stati rinvenuti, durante l’esecuzione dei lavori, decori e pitturazioni per i quali, su richiesta del responsabile territoriale della Sovrintendenza ai Beni culturali, fu elaborato apposito intervento di restauro e recupero, andava curato anche quest’ulteriore aspetto.
Per l’espletamento delle sue funzioni, fu stabilito che l’architetto Amato percepisse un compenso di 20mila779,80 euro oneri inclusi. Cerchiamo di capire. Con delibera di giunta 147 del 14/10/2008 fu approvato il progetto esecutivo dei lavori di recupero statico e funzionale del Palazzo Battagliese, per un importo di un milione869.583 euro, di cui un milione400mila euro di contributo regionale a fondo perduto e 469mila583 euro di cofinanziamento comunale, per il quale fu acceso un mutuo dall’ex amministrazione Perrotta. La gara d’appalto per i lavori fu aggiudicata a marzo 2009 alla ditta P.&. di Piccirillo Bruno che praticò un ribasso del 35,71% sull’importo a base d’asta di 1.407.316 euro (oltre iva). L’incarico di direzione lavori e coordinamento della sicurezza fu affidato all’architetto Ernesto Ferrara che praticò un ribasso del 7% su una cifra di 99mila125 euro (al di fuori degli oneri) posta a base d’asta. Fu pure determinato il quadro economico, firmato dal geometra Gianni Napoli, all’epoca responsabile del settore Lavori Pubblici e Rup (responsabile unico procedimento, dell’opera). Tra lavori (928mila869 euro) e altre incombenze (spese tecniche, incentivo ufficio rup, il cosiddetto art. 92, iva, imprevisti, eccetera) per un valore di circa 480mila euro si arrivò a una spesa di circa un milione 400 mila euro, di cui circa un milione e 50 mila a carico della Regione e circa 350mila di quota comunale. Rimasero, dunque, 460mila670 euro di economia d’asta, di cui 346.133 euro da rispedire in Regione e 114.357 euro da riversare nelle casse del Comune. Soldi che, però, non rimpinguarono mai più le casse del Comune, poiché, a giugno 2012, durante la gestione commissariale del Prefetto Gabriella Tramonti,  secondo una perizia variante, redatta dall’arch. Ferrara, bisognava fare ulteriori lavori per circa 160mila euro (145mila euro più iva). Tuto ciò perché, dopo quattro anni di tempo trascorso tra l’elaborazione del progetto esecutivo e l’effettivo inizio dei lavori, le condizioni e la conservazione generale dell’edificio peggiorarono, per cui bisognava riparare i danni sopraggiunti. Insomma, si verificarono imprevisti, superiori a quelli già previsti nel quadro economico. Ma furono tanti i dubbi che nacquero all’epoca: era proprio necessario affidare la direzione dei lavori all’esterno, quando al Comune lavorano persone altamente qualificate, che potevano seguire i lavori senza spese aggiuntive? Non si poteva fare a meno della consulenza tecnica affidata all’architetto Ornella Amato che, tra parcella e oneri, superava abbondantemente i 20mila euro? Perché i lavori aggiuntivi furono fatti gravare solo sul Comune e non pure sulla Regione? E infine, con un ribasso di gara che sfiora il 40 % , i lavori sono stati effettuati a regola d’arte? La telenovela andò avanti. Se l’opera non fosse stata inserita nella riprogrammazione dei Fondi Più Europa, sarebbe stato un gran problema recuperare i soldi per completare i lavori di ristrutturazione dello storico edificio. Secondo l’ultimo cronoprogramma stilato a maggio 2016, i lavori sarebbero dovuti terminare a dicembre 2016. Per il completamento dell’opera,  secondo la proposta di riprogrammazione che l’ 8 giugno 2016, venne sottoposta al vaglio della Commissione regionale Fondi europei, occorrevano altri 616mila991,38 euro di cui circa 488 mila euro erano riferiti alle ulteriori voci di spesa necessarie per la chiusura dell’appalto. Nonostante tutto, l’importo totale dell’opera restò di 1.869mila583,08 euro (1.400.000 di contributo regionale e la restante parte gravante sul bilancio comunale), perché si andarono a utilizzare buona parte delle economie d’asta, dovute al forte ribasso del 35,71%. Economie d’asta che nel 2012, ammontavano a 460mila670 euro, di cui 346mila euro da rispedire in Regione e 114.537 euro da riversare nelle casse del Comune. Poi, ai tempi del Commissario straordinario, Gabriella Tramonti, ci fu una perizia di variante di 160mila euro (comprensivi di iva), soldi occorrenti per riparare i danni sopraggiunti nel periodo tra l’elaborazione del progetto esecutivo e l’inizio dei lavori. Così le economie d’asta si ridussero a circa 346mila euro, tutte da rimandare in  Regione, poiché venne utilizzata solo la parte rimanente dei fondi comunali. Nonostante tutto, i lavori, stranamente si fermarono (ufficialmente perché la Regione, creditrice di diversi milioni di euro per canoni idrici mai pagati, bloccò i fondi), fino a quando l’amministrazione Liccardo riuscì a inserire anche i Lavori di Recupero statico e funzionale di Palazzo Battagliese, all’interno del nuovo Programma Più Europa, sottoscritto in Regione nel 2014. Ma, per consentire il suo completamento, bisognava aggiornare il progetto vecchio di anni e non il linea con le nuove disposizioni, inoltre andava tenuto conto della scoperta, durante i lavori, nel frattempo iniziati di nuovo, di affreschi di particolare interesse storico da restaurare. Per la chiusura dell’appalto, dunque, la somma da richiedere nella riprogrammazione, ammontava a circa 617 mila euro, di cui 54mila131,73 euro per imprevisti, 293mila733,47 euro per ulteriori voci di spesa aggiuntive (adeguamento prezzi, barriere architettoniche, decori opere artistiche, eccetera) e 269mila126,18 euro di importo impegnato (spese tecniche, ammontanti a 44mila822 euro; incentivo ufficio rup pari a 12mila368 euro; fornitura arredi ed attrezzatura pari a 75mila164 euro, eccetera).
Insomma, tra programmazione, redazione progetti, gare d’appalto e lavori, dopo oltre 15 anni terminò la lunga telenovela “Palazzo Battagliese”.


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