Petronio (fonte il Piccolo) |
Ecco
l’articolo, molto critico verso “Una città ipocrita”, che scrisse per il
giornale “L’attesa”, Peppe Barleri (scrittore e storico locale, deceduto nel
2006) in occasione della morte dell’insigne letterato
Giuseppe Petronio si spense nel 2003, all’età di 93
anni, lontano da Marano, sua terra
natia. Era un insigne letterato, appartenente alla schiera della critica
gramsciana. Petronio, conosciuto in tutto il mondo, era un marziano per i
maranesi: uno che consumava la sua vita a correre dietro ai “perché” di una
lirica, al come la letteratura italiana si sia identificata, di volta in volta,
in questo o quell’altro autore. Petronio èil maranese odiato visceralmente,
perché ha vissuto con intensità la sua esistenza senza farsi abbagliare dalle
stupidità che abbagliano quasi tutti.
Per questo è morto lontano. Per questo ci fa piacere constatare che
nessuno abbia speso una sola lira per fare le condoglianze alla sua famiglia, a
nome di questa città che ama solo le nullità. Petronio è l’uomo che il destino
ha fatto nascere a Marano e a cui ha dato la gloria fuori Marano, come già era
successo per Domenico Amanzio, Lorenzo lancia, Domenico Mallardo e mons. Raffaello
Delle Nocche, tutta gente che ha sudato sui libri, negli archivi, nei luoghi di
cultura più disparati. Il nonno, avvocato, aveva deciso di trasferirsi a Marano
e, con lui, si stabilì nella nostra città anche il papà, impiegato postale; il
1909 venne alla luce in via Merolla (nell’ex Palazzo Guarino), Petronio
Giuseppe Vincenzo Castrese. E proprio questo Castrese, affibbiatogli dai
genitori non di Marano, fa capire la scelta di una famiglia che ha avuto un
legame di affetto con questa città. Eppure, quel Castrese è stato dimenticato.
Molti di noi hanno studiato sul suo testo di storia della letteratura italiana,
che è stato tra i più usati nei licei, ma nessuno ha mai pensato di chiedersi
se fosse vivo, dove abitasse, cosa facesse. La gioventù la trascorse come tutti
i nostri Castrese; poi la famiglia si trsferì a Napoli e, da allora, quel
Castrese fu cancellato dal percorso della sua vita. Nel 1933 si sposò con
Andreina Ferrero e andò ad abitare a Roma: subito divenne una punta avanzata
nel firmamento della critica letteraria. Da allora, la sua vita è stata tutta
un crescendo di successi e di attestazioni di stima da parte di tutti, anche da
chi non si identificava nell’ala marxista-gramsciana della critica letteraria.
Nonostante l’età più che invidiabile, non ha voluto mai chiudere la mente alle
ricerche e alla fame di sapere. E’ morto a Roma in via Tripoli 2, a 93 anni.
Ora qualcuno parla di piazza, strada, scuola, palazzo della cultura da
dedicargli; promette rituali stupidi e vuoti da mettere in moto. E forse tutto
questo potrà anche accadere, ma non sconfessa l’ostilità innata dei maranesi
verso le persone che emergono in ogni campo. Petronio avrà tutti gli elogi di
questo mondo, solo adesso che è morto, da una città ipocrita di un sud Italia
che non vuole stare al passo dei tempi. Tra
tanta insensibilità, un merito doveroso va al prof. Vittorio Iorio, ex preside
della D’Azeglio. Costui, negli anni settanta, rintracciò Petronio e gli scrisse
per chiedergli se e cosa ricordava del suo paese natio. La risposta, sotto
pubblicata: vaghi ricordi e fantasmi di un tempo troppo lontano per essere veri
e credibili. Un tram n.5 che giungeva all’incrocio di via Merolla, e quasi
nulla più. Gli psicanalisti direbbero che quel tram, da lui fissato nella
mente, era la rappresentazione di un allontanamento irreversibile con la nostra
città.
Peppe
Barleri
La
lettera che Petronio inviò all’ex preside Iorio
Roma
16/1/78
Gentilissimo
professore,
Le
sono veramente grato della Sua lettera gentile che, oltre tutto, mi riporta ad
anni lontani. Naturalmente il Giuseppe Petronio da Lei scovato al Comune di
Marano sono io, nato lì perché lì si era ritirato mio nonno, già avvocato a Napoli.
E per parecchi anni, finchè è rimasto in
vita mio nonno, sono tornato spesso a Marano; poi la famiglia si è dispersa, e
ormai da decenni e decenni non vedo più il paese, che pure ho vissuto alla
mente, almeno in quella strada in cui termina o terminava il viale da Napoli, e
in cui aveva capolinea il tram: il numero 5 se non sbaglio.
Le
sono grato perciò di avermi rimesso in moto ricordi e affetti, e La ringrazio
del pensiero gentile.
Con
i più vivi auguri
Giuseppe
Petronio