Come
morì l’Impero romano? Il nemico che sconfisse e dissolse l’Impero dei cesari
non aveva spade, né lance, né tantomeno poté servirsi di formidabili eserciti.
Fu la cultura straniera importata. La cultura greca, il misticismo egiziano, la
spiritualità ebraica prima e quella giudaico-cristiana dopo, la scienza iranica
e babilonese, la letteratura alessandrina, l’eleganza eloquente dei precettori
africani e della loro filosofia, la brillante sapienza matematica e filosofica
ellenistica minarono alle basi, una cultura che seppur poderosa nella sua
percezione del mondo, era pur sempre una cultura del dominio e del maschilismo
elevato a sistema di pensiero, sorretta da una formidabile impalcatura
giuridica. Nelle case patrizie degli alti papaveri romani, c’era il maestro greco
del figlio. C’era la nutrice libica, che cantava le sue ninna-nanna di favole antichissime. A casa del senatore romano,
cucinava il cuoco dell’Anatolia con le sue spezie e le ricette tipiche della
sua gente. Nei mercati romani, abbondavano le merci e le sete dell’Asia Minore.
Il latino parlato e mangiato nelle strade di Roma, si sporcava di inflessioni e
contaminazioni dialettali proveniente dalla periferia dell’Impero. Oggetti di
vita quotidiana, strumenti di lavoro, tecniche di costruzione, di semina e
coltura agricola, un tempo erano state solo romane, ora, si arricchivano di più
elementi. La fine della cultura romana non assunse la faccia di una catastrofe
militare o sociale improvvisa ma, di un lento sciogliersi di secolo in secolo
in un mare ben più ampio incolore o multicolore che dir si voglia fino a
liquefarsi del tutto. Certo, per secoli, fino ai nostri giorni abbiamo avuto i
segni e i fasti dei romani ma appunto, sono materie didattiche di Storia,
Letteratura, Arte da studiare, altrimenti coperte dai secoli passati. La
Germania odierna sembra quell’Impero. Anche ai tempi di Roma non si parlava
solo il latino ma tutte le lingue dei popoli sottomessi. Oggi, in Europa
abbiamo un albero motore di circa centotrenta milioni di persone di cultura e
lingua tedesche. Le armi di Hitler, non riuscirono ad avere ragione del mondo
ma nemmeno della piccola graziosa Grecia, l’Impero britannico intervenne deciso
e per calcolo non per amore della classicità greca! I tedeschi dovettero
restituire le metope e i fregi del Partenone a suo tempo rubati e portati a
Berlino. Oggi, con la nuova arma “Euro”,
l’azienda tedesca FRAPORT, che gestisce il primo scalo tedesco, quello di
Francoforte sul Meno, ha comprato a prezzi ridicoli, più di dieci aeroporti
ellenici. La Germania è entrata
pesantemente nella gestione privata del porto del Pireo. Anche in Italia, ormai
da anni è in atto una spoliazione degli ASSET più importanti dell’Economia
italiana a favore della Germania e della Francia. Magari ne riparleremo in
un'altra occasione. Ma in Germania oggi, come accadde all’Impero romano, esiste
una moltitudine di persone, provenienti da ogni angolo del mondo che hanno
l’unico scopo di lavorare per i tedeschi. Agli storici immigrati italiani, greci
e turchi (oggi un bambino di genitori entrambi turchi che nasce in Germania è
cittadino tedesco, Mesut Ozil, il campione della nazionale ne è l’esempio) si
sono aggiunti nel ventennio scorso, polacchi, rumeni, russi e ucraini. Oggi la
Germania preferisce siriani, libici e mediorientali in genere perché più
malleabili sui loro diritti di lavoratori. L’invasione di culture e cittadini
extraeuropei è dovuta alla politica della Unione Europea e non alla voglia di
viaggiare dei primi. Oggi in Germania si vedono molte contaminazioni etniche
culturali, i tedeschi sono più aperti dei francesi alle novità variabili della
lingua e della cultura pur conservando la loro. Matrimoni misti. Locali
tailandesi ed etiopi sempre più frequentati da tedeschi. Il loro modo di
salutare informale, per tutti i ceti è “Ciao!”. “Un
italianissimo ciao”.
Un
altro esempio è il verbo italiano tedeschizzato “kapieren” usato in modo del tutto verbale dai tedeschi e che
intendono affermare in una comunicazione informale “verstehen” cioè
capire. Quindi, al posto
dell’espressione “Hast du verstanden?” (Hai capito?) si sente sempre più
spesso. “Kapieren?”. Come quando noi imitiamo la lingua tedesca mettendo la
Enne finale a qualsiasi parola o come faceva il grande Totò che cercava di
vendere una “tovagliaten” a una
tedesca in un suo bellissimo film. Oggi si sta invertendo la tendenza, sono i
tedeschi che scimmiottano la nostra lingua, chiaramente parliamo di un fenomeno
circoscritto alla classe medio - bassa della popolazione mentre le elitès
restano ancorati al loro mondo chiuso e alla loro dialettica.
Il
“Döner Kebap”, la pietanza a base di carne di agnello turca è storicamente nata
a Berlino e non in Turchia.
I
bambini, a differenza di trent’anni fa, che erano immigrati e basta, oggi sono
un unicum collettivo a scuola e nelle
squadre di calcio. Le TV pubblica e privata sono piene zeppe di giornalisti e
artisti provenienti da ogni parte del mondo. Un buon 45% dei tranvieri e della
metro, sono stranieri e di origine africana. I tedeschi non finiranno
improvvisamente nella polvere per questa ragione ma ne usciranno minati e
diminuiti nella loro cultura delle abitudini della vita quotidiana. C’è da dire
che questo accade non solo nei grandi centri ma anche nei medio-piccoli. Pochi
giorni fa ho visitato Norimberga, la culla storica del nazionalsocialismo e
ironia della sorte, a tratti sembrava Kabul! I tedeschi non sanno di percorrere
la stessa strada dei romani. Loro hanno voluto condurre numerosi Paesi verso la
loro economia e ci sono riusciti ma, in questo modo, a causa della dottrina
capitalistica, che indebolisce il vicino per irrobustire le sue casse
economiche, hanno indotto masse di uomini senza lavoro a cercarlo sul proprio
territorio, con le conseguenze sociali che si stanno distinguendo già da
adesso.
Enzo Salatiello