Una foto, una storia: quella di Vincenzo Irolli, grande pittore di origini calvizzanesi

Vincenzo Irolli, ultimo a partire da sinistra accanto a colei che l'accudiva. La casa calvizzanese dove è vissuto Irolli,  lasciata in eredità alla sua governante, si trova su viale della Resistenza: il villino alle spalle dell'officina di revisioni auto Puerio    

Le sue opere sono esposte nei più grandi musei nazionali ed europei. La richiesta di intitolargli una strada è stata approvata dalla Commissione Toponomastica, ma, per problemi logistici,  è stato rimandato tutto a dopo le prossime amministrative. Ma il vero scoop è la foto del grande artista (siamo i  primi a pubblicarla): ce l’ha data in visione il vicesindaco Lorenzo Grasso

Irolli nacque a Napoli nel 1860 ( da Luigi e Clotilde Fedele) ma visse diversi anni a Calvizzano, presso la casa paterna. Aveva circa quarant’anni quando andò ad abitare a Capodimonte, in via Cagnazzi (oggi via Vincenzo Irolli) dove si spense sul finire del 1849 alla veneranda ètà di 89 anni. Fin da giovanissimo mostrò l’estro artistico, come allievo dell’Accademia d’arte dei maestri Gioacchino Toma e Federico Maldarelli. Da Calvizzano si recava spesso a Napoli presso il mercante d’arte Ragozzino che curava la distribuzione delle sue opere. Irolli eseguì per il Gambrinus (locale storico di via Chiaia) il riquadro Piedigrotta con una fanciulla in veste di Venere e uno Cupido (dalle sembianze di uno scugnizzo napoletano) che, invece di sfiorare la lira si cimenta con un putipù (è ancora in quel posto, per chi volesse ammirarne la bellezza).  
Espose a Monaco di Baviera nel 1890, a Genova e a Berlino nel 1892 a Roma nel 1893. La sua fortuna, eccezionale all'estero, tardava ad affermarsi in Italia dove giunse a scontrarsi coi Novecentisti. La sua impronta tradizionalista non lo fece amare dai critici del tempo più interessati alle avanguardie, ma Irolli non fece mai nulla per adattare la propria pittura ai tempi. Anzi, teneva nel suo studio un quadro raffigurante un pittore intento a finire un brutto quadro cubista, di gran moda al tempo, dando prova di garbata ironia nei confronti delle nuove tendenze. Mentre Le Figaro del 1908 spendeva per Irolli parole come “extrêmement habile” e “séduisant”, gli intellettuali italiani (e napoletani in special modo) lo reputavano un artista venduto al facile mercato e alla committenza della borghesia incolta. Mentre a Parigi, negli anni 1910-1915, veniva definito il pittore del sole e considerato eccellente da Léon Talboum alla Galleria Alderéte, in Italia, nello stesso periodo, venne escluso dalla Biennale di Venezia. Accanto ai temi religiosi, che sono ben rappresentati nella collezione Granturco di Napoli, Irolli continua a registrare scene di vita quotidiana, a ritrarre bambini, donne in atteggiamenti maliziosi, per le quali utilizzò come modella la sua figlioccia Sisina.
Vincenzo Irolli, oltre che un grande artista che ha segnato la pittura partenopea in Italia come all'estero, viene ricordato anche per il suo alto livello intellettuale; fu amico e frequentatore di importanti personaggi della cultura, fra cui Ferdinando Russo e Salvatore Di Giacomo. Fu socio del Circolo Artistico Politecnico di Napoli. Le sue opere sono conservate nei musei di Francia (Mulhouse), Milano (Galleria d’arte moderna), Trieste (Museo Civico Revoltella), Avellino (Museo d’Arte), Napoli (Museo nazionale di Capodimonte), Torino (Galleria civica d’arte moderna).
Fonti consultate: Wikipedia, Cronologia.it, Treccani


Una delle opere di Irolli

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