“La Falena dalle ali d’ombra”, secondo romanzo della scrittrice calvizzanese Francesca Di Maro


Aiutate i giovani autori come Francesca a realizzare un sogno: preordinate il libro sulla piattaforma bookabook, la casa editrice con cui la Di Maro ha firmato il contratto. Il romanzo verrà pubblicato solo se in quattro mesi saranno raggiunti duecento preordini: vuol dire che le persone lo acquistano sulla “fiducia” (formato e-book o cartaceo è indifferente), dopodiché il libro gli arriva a casa, una volta terminata la campagna pubblicitaria      
Questa storia inizia con due avvenimenti che hanno in comune un’evidente indole drammatica: un monologo teatrale e un omicidio.
C’è una cittadina, piccola e pallida, e c’è un fiume che la taglia a metà. Valentine Kain abita lì, in un quartiere popolare in cui la sua inadeguatezza passa inosservata. È un attore, ha 28 anni, un aspetto anonimo, un paio di occhi penetranti e una mente piuttosto confusa; vive una quotidianità in apparenza poco interessante, ma la sua insolita storia è segnata da qualcosa di sinistro: una lunga serie di omicidi. Valentine uccide da quando era bambino, e lo fa senza particolari restrizioni: compagni, insegnanti, attori, mendicanti. Ogni omicidio si consuma con dovizia di particolari, ma niente paura, lo splatter in questo racconto non c’entra.
Qui c’entrano solo Valentine Kain, le prove del suo spettacolo teatrale, qualche amore da palcoscenico e sua madre, una donna insopportabile che Valentine uccide diverse volte e con crescente brutalità. A questo punto, se siete incuriositi almeno un po’, vi starete domandando: “Come fa un omicida ad ammazzare più di una volta la stessa donna?”
La storia di Valentine inizia con un monologo (teatrale) e termina con un monologo, la confessione di un uomo pronunciata a bassa voce tra le pareti fredde di una cella. I pensieri di un pazzo che resteranno imprigionati tra quelle quattro mura, e che “diventeranno i pensieri di un altro, e poi di un altro ancora, per l’eternità”.
 Perché ha scritto questo libro?
“Ero affacciata alla finestra, faceva freddo ed era buio. Guardavo le luci dall’altro lato della strada, quella sera mi sentivo soffocare. Ho scritto una poesia, ero di cattivo umore e mi andava di tirare tutto fuori, ma quando l’ho riletta mi sono accorta che sembrava più un monologo teatrale. Sono andata a dormire, ma dopo un’ora avevo ancora gli occhi spalancati; quel monologo era diventato un inizio e questa storia era già tutta, o quasi, scritta sul soffitto. La vicenda di Valentine Kain potrebbe sembrare un giallo, e in parte lo è, ma mi piace pensare che nasconda dentro qualche significato in più, che si porti tra le righe delle sensazioni comuni alla maggior parte delle persone. Questo libro è dedicato a tutti quelli che almeno una volta nella vita si sono sentiti inadeguati, a quelli che vivono nascosti dietro la loro stessa faccia, a quelli che non possono quasi mai comportarsi o reagire come vorrebbero, perché le convenzioni non lo permettono. Insomma, a tutti.
Del resto, brave persone o no, “Chi, almeno una volta nella vita, non ha desiderato di uccidere la propria madre!”

Chi è Francesca Di Maro?

E’ una bella trentacinquenne, sposata, una figlia e un altro in arrivo. Figlia di Vincenzo Di Maro e Vincenza Napolano, maestra elementare alla Diaz di Calvizzano. Ha un fratello di nome Giovanni.  Vive da dieci anni a Milano. Il suo sogno è sempre stato quello di diventare giornalista, ma si ritrova a fare il pubblicitario.
La convinzione di diventare giornalista – dice Francesca - l’ho espressa per la prima volta a Napoli, circa trent’anni fa (ovvero pochi anni dopo la mia nascita). Non credo di aver mai desiderato fare altro nella vita. Oggi seguo clienti, studio strategie, passo brief, cose così, che con la scrittura non c’entrano niente. Non so come mai, forse qualche aperitivo di troppo, semplicemente è successo”.
 
Che ricordi ha di Calvizzano e delle amicizie?

Ho diversi ricordi molto belli! Del resto sono tutti legati a un periodo, forse l'unico, della vita in cui si è davvero spensierati! Ricordo le prime uscite, i giochi in cortile con mia cucina Adelaide, le prime liti. Un posto particolare nella mia memoria ce l'hanno le passeggiate con mia nonna Gilda (altro personaggio storico di Calvizzano NdR). Ero molto piccola, lei molto energica. Andavamo in giro per il paese citofonando casa per casa per raccogliere i soldi per la Chiesa. "Sono Gilda, il Volto Santo" diceva lei al citofono. Sembrava l'Annunciazione, come se il Volto Santo fosse lei. L'abbiamo presa in giro a lungo per questa frase. Le persone le calavano il paniere con dentro i soldi. In strada la salutavano tutti e questo è un fatto a cui non sei più abituato quando ti sposti in una città come Milano, il calore della gente intendo (un ricordo molto vivo). Infine, per quanto riguarda le amicizie, con i compagni delle medie non ho più avuto rapporti, mentre ci sono due o tre ragazze del liceo che restano ancora adesso le mie più care amiche”.
Ritornando al libro, vuole aggiungere qualcosa?
Premetto che è il secondo che scrivo, poiché il primo è nel cassetto, ma un giorno, spero, ve lo farò leggere. E’ una specie di giallo, ma mi piace pensare che si intuisca il fatto che nasconde tra le righe qualcosa di più profondo. Ogni lettore potrebbe identificarsi nel personaggio, perché racconta della duplicità di ogni individuo (ci sono io, con le mie pulsioni e le mie reazioni, e poi ci sono ancora io, con le reazioni e le pulsioni che la società mi impone). Insomma, parla dell’assassino latente che vive in ognuno di noi! L’argomento potrebbe sembrare pesante, per questo ho scelto di vestirlo con una storia molto “leggera”.
Abbiamo letto in anteprima il libro di Francesca: vi assicuriamo che è molto affascinante e avvincente. Insomma, vale la pena acquistarlo.


Immagine di copertina del libro

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