Il fantasma del dissesto finanziario sta divorando la
vita amministrativa e sociale del Comune. La cura è difficile: solo un miracolo
potrebbe evitare il default. Tanti e gravi gli errori commessi in tutti questi
anni. La colpa maggiore va sicuramente ascritta, principalmente, alla classe
politica che (come evidenziato dalla Corte dei conti in una relazione di alcuni
anni fa) dal Duemila in poi ha gestito in modo sciatto e disordinato il
bilancio comunale. Ma grosse responsabilità, nell’ottica della separazione di
legge tra indirizzo politico e gestione, va anche ascritta a dirigenti e
funzionari del Comune, che, invece di gestire con correttezza la finanza
locale, si è vista impegnata a mantenere la poltrona; una classe dirigente
quasi sempre impreparata che è stata complice degli sperperi: a tutto ciò va
aggiunta la mancanza di risultati tangibili sul fronte dell’evasione da parte
delle società (Publiservizi, Equitalia, eccetera) incaricate, dietro laute
parcelle, della riscossione coattiva. A Marano si è speso a briglie sciolte,
senza preoccuparsi di andare a recuperare le risorse occorrenti per onorare i
debiti. Da qui nascono tutti i mali dei bilanci di previsione e dei conti
consuntivi degli ultimi anni, in particolare quelli del periodo 2008-2009-2010
, finiti sotto la lente della magistratura contabile che, nel 2012, rilevò vizi
storici e procedure consolidate nel tempo negli ultimi dieci anni. Eloquente
l’esempio dei residui attivi costituiti in anni precedenti al 2006,
relativamente al titolo I (Ici, all’epoca non esisteva ancora l’IMU, Tassa
sulla spazzatura, eccetera), dove i residui da riscuotere (crediti, ndr)
ammontavano a 12milioni645mila euro,
mentre quelli riscossi erano di appena 963mila
217 euro e al titolo III (riscossione entrate extratributarie, tra cui il
ruolo acqua) i cui residui da riscuotere erano di 13milioni 855mila euro a fronte di un milione616mila euro di quelli riscossi. Eppure, nel 2002,
l’allora responsabile del Settore economico-finanziario, Renato Spedaliere
strigliò il sindaco Bertini perché non riusciva a recuperare i crediti vantati
sull’acqua, sull’Ici e sulla tassa della spazzatura, prefigurando, se si fosse
perpetuata una simile situazione, un punto di non ritorno, cioè all’incapacità
di pagare i propri debiti e, quindi, di incappare nel dissesto. Così
propose di avviare subito un progetto di
emergenza, con la sospensione di gran parte delle attività e una politica di
raccolta fiscale più gravosa. Bertini, per tutta risposta, rimosse Spedaliere e
costrinse alle dimissioni anche il direttore generale Nello Mirone che
appoggiava le tesi di Spedaliere. Lo stesso allarme, negli anni successivi, lo
lanciarono anche l’ex ragioniere capo Vittorio Di Napoli e Alberto Amitrano,
quando non era ancora assessore, ma consigliere della lista civica Pdm: egli
criticò aspramente l’amministrazione Bertini, giudicandola incapace di
recuperare 50miliardi di vecchie lire di crediti vantati dal Comune. Niente
hanno fatto dopo, Perrotta e Cavallo (nei pochi mesi che ha governato) per invertire
il trend. Il Commissario straordinario, Gabriella Tramonti, che gli subentrò,
pur non avendo la bacchetta magica per risolvere problemi atavici, cominciò a
dare forti segnali di discontinuità politico-finanziaria: per la prima volta
nella storia di Marano fu staccata l’acqua di un condominio moroso e si
studiarono nuove strategie per far pagare chi non aveva mai pagato tasse e
tributi, contribuendo allo sfascio della città. Il Commissario varò un piano di
risanamento finanziario, nel quale era prevista anche la dismissione di buona
parte del patrimonio comunale, che fu oggetto di continuo monitoraggio da parte
della sezione regionale della Corte di conti. Nel 2013, quando si insediò il
sindaco Angelo Liccardo, la situazione era sempre estremamente compromessa per
la presenza di moltissime posizioni debitorie, di rilevante ammontare, che
erano state abbandonate da anni: debiti nei confronti dell’Arin per la
fornitura idrica di vecchie annualità, debiti per contratti di gestione del
servizio nettezza urbana scaduti, senza che l’Ente onorasse i relativi canoni
di acque reflue e depurazione, debiti verso il Commissariato di Governo per gli
interventi garantiti nella gestione straordinaria dei rifiuti in Campania.
Liccardo, da esperto economista, ci mise tanta buona volontà per far quadrare i
conti, ma non vi riuscì anche perché fu mandato a casa prima della scadenza
naturale della consiliatura. Adesso, la
patata bollente è passata nelle mani del prefetto Antonio Reppucci. Riuscirà il
Commissario straordinari ad evitare il crack finanziario?
Mimmo
Rosiello