La morte di Antonio Trinchillo: destino, fatalità o casualità?

Antonio, il primo da sinistra, accanto a due suoi cugini 

Antonio Trinchillo non doveva stare in quel posto “maledetto”, dove, la notte tra il 3 e 4 giugno, cadde dalla motocicletta andando a sbattere contro il “paletto killer”.
Quel giorno, infatti, in un primo momento decise di non andare a casa della fidanzata, visto che si sarebbero dovuti incontrare l’indomani mattina presto per recarsi a Sorrento e trascorrere una bellissima giornata al mare.
Da quanto ci ha raccontato una signora, amica della famiglia Trinchillo, Antonio cambiò idea e decise quindi di andare lo stesso dalla sua ragazza. Suo padre Giuseppe, data la tarda ora, gli consigliò di prendere l’auto, ma Antonio gli rispose che con la moto sarebbe stato più comodo raggiungere Giugliano. Accadde, però, un inconveniente: la moto non partì. Forse anche qualcuno da lassù cercò di dissuaderlo da quella che sarebbe stata una decisione fatale. Decise, dunque, di prendere l’auto, ma prima fece un altro tentativo; questa volta però, la moto si accese.

Un altro particolare che lascia sgomenti è che Antonio sarebbe sbattuto con petto e pancia contro il paletto, tant’è che sarebbe riuscito pure a chiamare suo padre per avvertirlo dell’accaduto: la situazione, però, precipitò mentre l’ambulanza lo stava accompagnando in ospedale. Destino, fatalità o casualità? Quello che possiamo dire noi di Calvizzanoweb che 23 anni non è l’età per morire ed è contro natura assistere alla morte di un figlio. Per quanto concerne le moto, invece, le reputiamo un mezzo pericolosissimo. Ricordiamo, infatti, altri nostri concittadini rimasti vittime di questa passione: Luca Di Marino e Mario Oliveto, tanto per menzionarne qualcuno. Ma l’elenco è lungo. 

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