Il dibattito sulla realizzazione di un forno
crematorio a Calvizzano nell’area a ridosso di via Eduardo De Filippo, ai
confini con Villaricca, va avanti a tutto spiano sul gruppo social “Sei di Calvizzano se”: in molti stanno
esponendo democraticamente le loro opinioni, con qualche voce stonata fuori dal
coro piena di strali ed epiteti
infamanti che sarebbe opportuno
cancellare. Ci ha colpito il modo garbato con cui si è introdotto nella
discussione il signor Claudio Guasco il quale, in sintesi, scrive: “è quasi surreale vedere persone che credono
che i forni crematori possano inquinare o addirittura emanare puzza di carne
arrostita. Non ci avete pensato che con le ceneri si fanno i saponi? A parte il
fatto che il forno non inquinerebbe, non mi scandalizzerebbe il via vai di carri
funebri, anzi l’impianto crematorio porterebbe introiti al nostro paese. Sono
d’accordo con la lotta alle antenne, ma quella sul forno, idea che mi piace,
credo sia inutile”.
Praticamente si pronuncia su quasi tutte le questioni
che pone in essere la realizzazione di un impianto di cremazione, dimenticando,
però, la più importante: “una decisione di grande interesse
economico-finanziario, ad alto impatto
urbanistico, ambientale e sociale, dalla quale potrebbero derivare forti
contraccolpi anche di carattere psicologico, non va presa in maniera
autoritaria e antidemocratica, nelle stanze ovattate del Comune, ma va concertata
con la popolazione, attraverso un
coinvolgimento partecipativo dei cittadini.
Premesso che come dice lei questi impianti
sarebbero a basse emissioni inquinanti, anche
se ci sarebbe tanto da discutere, che sarebbe minima la quantità delle polveri
che andrebbero a depositarsi sui balconi e sui davanzali delle finestre, un
territorio piccolo, di circa 4 chilometri quadrati qual è quello di Calvizzano,
anche un rischio minimo non può permetterselo, poiché è circondato da 7
ripetitori di telefonia mobile (considerando anche quelli vicinissimi di
Marano, lato via Aldo Moro, e Villaricca nei pressi del cimitero), ed è
presente, in un raggio di 300-400 metri (per quantificare in maniera più
precisa la distanza bisognerà aspettare il progetto) dall’area cimiteriale un
impianto di stoccaggio e trattamento dei rifiuti a rischio infettivo. Inoltre,
l’altro vero grande problema, a nostro
avviso, è proprio il via vai di carri funebri provenienti da ogni parte della
provincia di Napoli, costretti, per mancanze di strade alternative, ad attraversare il centro del paese con grande
disagio per i residenti, in particolare di quelli di via Di Vittorio e via Eduardo
De Filippo, le due direttrici obbligate, a seconda della provenienza: dal Corso
principale o da viale della Resistenza. Ma vi è di più: questa volta, a
differenza di quanto accade oggi (vi sarà sicuramente capitato che qualcuno,
quando gli fate presente dove abitate, vi risponda e dove si trova Calvizzano?)
non ci sarà più alcun problema a farci conoscere fuori i confini comunali,
perché acquisteremo un vera identità: “la città dove si bruciano i morti” con
tutto il rispetto per i nostri cari. Chi conosceva Domicella o Pontecagnano
prima che in queste due località della provincia di Avellino e Salerno
realizzassero un impianto di cremazione? Inoltre, sempre secondo la nostra
modesta opinione, la popolazione di un
Comune piccolo come Calvizzano, dove la mentalità paesana la fa ancora da
padrona, subirebbe un contraccolpo psicologico devastante. A noi piacerebbe
essere conosciuti come città della cultura, dello sport, dell’arte, ma
soprattutto il luogo dove la qualità della vita è ancora un valore da
preservare.