Calvizzano. Nel nuovo puc prevista la valorizzazione dell’area dell’antica chiesa San Giacomo, un sito archeologico tra i più interessanti dell’hinterland giuglianese

Così fu definito dalla Soprintendenza ai Beni Archeologici verso la metà degli anni ’80, quando le operazioni di scavo misero in luce importanti e significative strutture di epoca romana. Adesso i ruderi di una delle parrocchie  più antiche e importanti della Diocesi di Napoli  versano in uno stato pietoso. Sarebbe interessante prendere in considerazione la possibilità di rivalutare l’area dove insiste questo immenso patrimonio storico-culturale della città, per farla diventare futuro volano di attrazione turistica

Resti antica chiesa San Giacomo

Ecco cosa è previsto in uno degli obiettivi strategici del nuovo piano urbanistico: 

“Individuazione dell’area da interessare a una Campagna di scavo nell’area archeologica vincolata nei pressi della frazione San Giacomo. Tale area potrebbe accogliere un laboratorio scuola, finalizzato sia a supportare le attività di scavo sia ad accogliere visitatori e/o scolaresche. In relazione all’importanza dell’area (da definire con la competente Soprintendenza) e quindi del materiale di scavo, si potrà optare se realizzare una struttura amovibile o un vero e proprio “Antiquarium”

                           Voto: 10           


“ San Giacomo Maggiore in Calvizzano – spiegò il sacerdote e storico don Giacomo Di Maria al giornalista Francesco Vastarella de “Il Mattino” in un’intervista datata  29 aprile 1988  – è tra le chiese più antiche della provincia di Napoli, citata in un documento del 951. Per due secoli i passanti hanno scambiato quei ruderi per una masseria abbandonata. Un contadino all’interno aveva persino costruito un’aia. Invece, lì si riuniva una delle più antiche comunità cristiane della zona. La chiesa era sorta sulle fondamenta di un edificio di età imperiale romana e riedificata in diverse occasioni prima del 951. Una chiesa paleocristiana destinata poi a funzionare come parrocchia fino al 1600, quando fu costruita la nuova chiesa dell’Annunziata (diventata poi Santa Maria delle Grazie) che la sostituì nel nuovo centro abitato. Quella di San Giacomo lentamente abbandonata andò in rovina: fu chiusa nel 1809, quando crollò il tetto, e mai più riaperta”.

La villa rustica romana che era interrata da venti secoli sotto i ruderi dell’antica chiesa di San Giacomo, ubicata nella via omonima ai confini con Mugnano, fu scoperta nel 1987, durante i lavori di scavo condotti dalla Soprintendenza. Vennero contemporaneamente alla luce alcune mura in opus reticulatum, diverse cisterne, tracce di un pavimento in mosaico e intonaci dipinti. Si trattò di rinvenimenti importanti attraverso i quali gli esperti attestarono che in quell’area andò a stanziarsi il primo nucleo abitato di età imperiale dopo Liternum.

Fino alla metà degli anni ’80 restarono in piedi poche mura dell’antica chiesa che, però, furono abbattute

Quelle mura – scrive Barleri nell’introduzione al suo libro “Testimonianze archeologiche Romane a Calvizzano” – erano l’altra testimonianza di Calvizzano per i pendolari della strada ferrata “Piedimonte” che vi passava vicino. Purtroppo un bel giorno scelte sbagliate decretarono l’abbattimento delle mura. Fu una ferita profonda non solo al buon senso, ma anche alla storia, della quale ancora restano i segni”.

 Le mura rappresentavano una delle facciate della chiesa:  le fece abbattere senza autorizzazione don Peppino Cerullo (all’epoca parroco di Calvizzano e deceduto all’inizio degli anni ‘90) come scrisse Francesco Vastarella in un articolo apparso sul “Mattino” del 19 agosto 1988, intitolato “Luce sulla città romana: a Calvizzano scoperta una villa di epoca imperiale”. Questo fatto scatenò una polemica con la Soprintendenza.

“Era l’unica cosa rimasta in piedi ed era pericolante, poteva cadere addosso ai passanti – si giustificò don Peppino -. Costruendo la nuova chiesa potremo salvaguardare le testimonianze da eventuali malintenzionati”.

In quel periodo, infatti, essendo l’area di proprietà della Curia arcivescovile di Napoli, l’amato parroco di Calvizzano, tramite l’architetto Salvatore Manco  presentò un progetto di ricostruzione della Chiesa. Poi non se ne fece più niente.
Oggi, quello che è rimasto dell’antica  chiesa è completamente coperto da erbacce e arbusti che hanno raggiunto l’altezza di alcuni metri. L’immagine che si presenta a coloro che percorrono  via San Giacomo o via Raffaele Granata e puntano gli occhi su quel pezzo di storia è sgradevole e fa gridare alla vergogna.
“Perché non si provvede – scrivemmo su questo blog circa due anni fa - a togliere tutta quella sterpaglia e a bonificare il sito per mantenerlo in uno stato più dignitoso? Anzi, a nostro avviso, sarebbe il caso di recintarlo, illuminarlo e posizionarvi delle telecamere, in grado di monitorarlo con continuità, anche per evitare gli “appetiti” dei soliti vandali e predatori di cose antiche. Tra l’altro il proprietario dell’appezzamento di terreno dove sono ubicati i resti della vecchia chiesa è la Curia arcivescovile di Napoli, per cui dovrebbe esserci un interesse maggiore a far “risorgere” e preservare quello che rimane di una delle chiese più antiche della Diocesi di Napoli.
D’altronde la Soprintendenza, in seguito agli scavi degli anni ’80, nella sua relazione finale invitava le autorità a seguire due possibili strade: quella di salvaguardare e restaurare il tutto, conseguendo precise indicazioni della Soprintendenza stessa; in alternativa, quella di interrare il tutto. Data la carenza cronica di fondi comunali e diocesani, la scelta cadde sulla seconda ipotesi. Dopo tanti anni di non curanza da parte di tutti i soggetti preposti, è giunto il momento di agire. Ci risulta che questa amministrazione vorrebbe mettere in piedi un progetto che miri alla rivalutazione archeologica della zona per cui pare siano stati  contattati  sia la Soprintendenza che la Curia arcivescovile. Speriamo che dalle intenzioni si passi veramente ai fatti”
Salatiello, stando agli obiettivi del puc, vuole valorizzarlo, perciò gli abbiamo affibbiato un bel 10.    
 
Area degli scavi allo stato attuale


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