Oltre mille persone alla marcia della Pace



Ecco un ampio documento fotografico: è il modo migliore per descrivere una delle più imponenti e riuscite manifestazioni fatte a Calvizzano

Nel cortile della scuola

Corteo in via Aldo Moro

In via Sandro Pertini


Arrivo in piazza Umberto I°



Il coro composto da ragazzi dell'Istituto Polo 

Due dei 4 vigili in servizio

Altri due vigili con il comandante Vitantonio Marchesano: nonostante l'imponenza della manifestazione hanno diretto bene il traffico e le operazioni di ordine pubblico  




Il presidente del Consiglio d'Istituto Salvatore Cuomo

Il Comandante della locale stazione dei carabinieri, maresciallo Carmelo Firetto, insieme a don Paolo, viceparroco della chiesa San Giacomo Apostolo  

Alcuni rappresentanti dell'amministrazione comunale: non abbiamo visto quelli dell'opposizione

Accensione delle lanterne contenenti i messaggi di pace scritti dai ragazzi delle elementari e delle medie

La preside ha ringraziato tutti coloro che si sono impegnati per la buona riuscita della manifestazione, tra cui anche i genitori di alunni e studenti, il personale docente e quello ausiliario

Hanno portato i loro messaggi di pace:

Ibrahim Khader: capo della comunità islamica a nord di Napoli



E’ un dovere di tutti partecipare, quando si tratta di difendere il concetto di pace e giustizia, valori preziosi che tutti condividiamo. Sentirci uniti con ciò che ci circonda è il modo migliore per esprimere il nostro amore per noi stessi e per gli altri che si traduce in convivenza pacifica e serena. In questi tempi in cui la follia del terrorismo e l’aggressione contro l’essere umano innocente, senza alcuna distinzione o credo, sembrano, giorno dopo giorno, aver raggiunto il suo apice e noi della comunità islamica dichiariamo la nostra severa condanna al terrorismo e all’aggressione contro vite umane innocenti, da qualsiasi parte provenga, dicendo sì alla vita, no alla morte e all’orrore. A proposito di vita umana, il Corano recita: Chiunque uccida un essere umano è come se uccidesse tutta l’umanità. Chiunque salvi una vita umana è come se salvasse l’intera umanità”.

La diversità è ricchezza
“Gli uomini sono tutti uguali, tutti derivanti dallo stesso principio creativo – ha continuato Khader. Le differenze che esistono sono una ricchezza di culture e religioni diverse. La diversità è ricchezza. Io credo che per trovare punti d’incontro e di unione ci sia bisogno di individuare e di valorizzare tutti i punti che esistono in comune. Bisogna lavorare su questo, desiderosi di imparare qualcosa. E’ molto bella la parola pace, è un dolce suono, una parola fresca, delizia per le orecchie e allieta il cuore, perché il nome pace è uno dei nomi di Dio. La pace rimanda ai concetti di tolleranza, di prosperità, di stabilità. Tutte le religioni esortano alla pace. La pace è il bene più prezioso per l’umanità, ma, purtroppo, se ne comprende l’immenso valore solo quando questo bene viene perduto.  La pace è senz’altro il bene più grande a cui l’umanità possa aspirare, ma è stata tante volte negata da conflitti e guerre, che hanno portato al genere umano grandi sofferenze, poiché il mezzo preferito per risolvere le controversie è la guerra. Il concetto di pace rimanda a quello di giustizia. Senza la giustizia non può esistere la pace che si attua attraverso il dialogo e la comprensione dell’altro. Tutti noi siamo qui per dare una risposta di pace, siamo qui per dare un contributo personale e, allo stesso tempo, una risposta alla violenza e al terrorismo, perché crediamo che solo attraverso il dialogo, la partecipazione, la conoscenza e l’accettazione dell’altro, la pace possa essere raggiunta.

Il ruolo della scuola   
“L’istruzione, quindi, - ha concluso Khader – riveste un ruolo di fondamentale importanza. La scuola di ogni ordine e grado ha una precisa responsabilità di formare le nuove generazioni al dialogo multietnico culturale per un futuro di pace, dove tutti siamo uguali, tutti siamo chiamati a una responsabilità personale e collettiva. Tutti dobbiamo educare i nostri figli all’amore e al rispetto degli altri. Le moschee, le chiese, le famiglie, le scuole, le istituzioni, i media, tutti siamo coinvolti, ciascuno con il proprio ruolo, ciascuno secondo le proprie possibilità e competenze. Tutti dobbiamo lavorare per un mondo più giusto, per un mondo di pace.

Il parroco don Ciro



In primo luogo la pace va costruita nei cuori

“Questa iniziativa, ciascuna con il suo specifico taglio, pone in evidenza il grande valore dell’intuizione avuta da Giovanni Paolo II quando circa 25 anni fa ad Assisi convocava tutti i leaders delle religioni mondiali per una corale testimonianza di pace. Quell’incontro servì a chiarire, senza possibilità di equivoco, che la religione non può che essere foriera di pace e ne mostra l’attualità alla luce degli stessi eventi occorsi in questo ventennio e della situazione in cui versa al presente l’umanità. Sembrava che il processo di “globalizzazione” si sarebbe svolto all’insegna di un pacifico confronto tra popoli e culture, nel quadro di un condiviso diritto internazionale, ispirato al rispetto delle esigenze della verità, della giustizia, della solidarietà. Purtroppo, questo segno di pace non si è avverato. Anzi, il terzo millennio si è aperto con scenari di terrorismo e di violenza che non accennano a dissolversi. Il fatto, poi, che i confronti armati si svolgano oggi, soprattutto sullo sfondo delle tensioni geo-politiche esistenti in molte regioni, può favorire l’impressione che non solo le diversità culturali, ma le stesse differenze religiose costituiscano motivi di instabilità o di minaccia per le prospettive di pace.
Proprio sotto questo profilo, l’iniziativa promossa venticinque anni or sono da Giovanni Paolo II assume il carattere di una puntuale profezia. E come ha insegnato il Concilio Vaticano II nella dichiarazione “Nostra Aetate” sulle relazioni della Chiesa con le religioni non cristiane, “Non possiamo invocare Dio come Padre di tutti, se ci rifiutiamo di comportarci da fratelli” . Nonostante le differenze che caratterizzano i vari cammini religiosi, il riconoscimento dell’esistenza di Dio, a cui gli uomini possono pervenire anche solo partendo dall’esperienza del creato, non può non disporre i credenti a considerare gli esseri umani come fratelli. A nessuno è dunque lecito assumere il motivo della differenza religiosa come presupposto o pretesto di un atteggiamento bellicoso verso gli altri esseri umani.  Siamo, infatti, consapevoli di quanto il cammino verso questo fondamentale bene della pace sia difficile e talvolta umanamente disperato. La pace è un valore in cui confluiscono tante componenti. Per costruirla, sono certo importanti le vie di ordine culturale, politico, economico. In primo luogo, però, la pace ve costruita nei cuori. Il mondo non può più attendere: è ora di iniziare ad essere i beati di Gesù, perché operatori di pace e non più oratori di pace”.
Don Ciro ha concluso il suo intervento con uno scritto di Madre Teresa di Calcutta
se persone di poco conto facessero cose di poco conto in luoghi di poco conto il mondo cambierebbe…”

L’abbraccio fra don Ciro e il capo della comunità islamica



Il sindaco Giuseppe Salatiello  



Per costruire la pace la nostra comunità e l’Europa devono essere aperti all’immigrazione

“I tragici fatti di Parigi e dell'undici settembre 2001 al World Trade Center (WTC)  hanno  mostrato un terrorismo diverso da quello "abituale" palestinese e hanno fatto prendere coscienza agli occidentali dell'internazionalizzazione della questione islamica.

Non bisogna accettare però lo scontro di civiltà.

L'impegno comune, dell'Occidente e del mondo Arabo, deve essere quindi incentrato sulla necessità di conoscere, per capire quello che unisce e per non farsi prendere troppo da quello che divide.

Per noi la vicinanza con l'Islam si è fatta maggiore proprio a seguito dell'immigrazione, anche se dobbiamo constatare come l'immigrazione faccia oggi paura.

Eppure, proprio in senso opposto va, e deve andare il nostro messaggio di questa sera: per costruire la pace, la nostra comunità e l'Europa devono essere aperti all’immigrazione.

Una comunità democratica, come la nostra, deve aprire agli immigrati la porta a due ante dei diritti e dei doveri, pur mantenendo il diritto di esigere l'adesione ai suoi ordinamenti civili e politici.

L'Islam deve vivere la propria entità spirituale con la modestia dell'affermazione e con la tolleranza, altrimenti il rischio della paura dell'lslam e del rifiuto totale dello stesso Islam è inevitabile.
A noi, calvizzanesi, napoletani, italiani, europei spetta il compito di operare una scelta precisa in favore di un Islam che non imponga e non ci imponga i suoi valori e le sue esigenze.

Per questo è necessario praticare a tutti i livelli il dialogo, l’arte dell’incontro umano”.

La grande protagonista: la preside Armida Scarpa,  colei che ha voluto fortemente la manifestazione


“Non avrete il mio odio” di Antoine Leris

Con le lacrime agli occhi, la dirigente scolastica, Armida Scarpa, ha concluso gli interventi, leggendo il post scritto su facebook del giornalista francese Antoine Leris che ha perso la moglie al Bataclan, la sala concerti di Parigi, teatro della mattanza jihadista

“Venerdì sera avete rubato la vita di una persona eccezionale, l’amore della mia vita, la madre di mio figlio, eppure non avrete il mio odio. Non so chi siete e non voglio neanche saperlo. Voi siete anime morte. Se questo Dio per il quale uccidete ciecamente ci ha fatti a sua immagine, ogni pallottola nel corpo di mia moglie sarà stata una ferita nel suo cuore.
Allora no non vi farò questo regalo di odiarvi. Sarebbe cedere alla stessa ignoranza che ha fatto di voi quelli che siete. Voi vorreste che io avessi paura, che guardassi i miei concittadini con diffidenza, che sacrificassi la mia libertà per la sicurezza. Ma la vostra è una battaglia persa.
L’ho vista stamattina. Finalmente, dopo notti e giorni d’attesa. Era bella come quando è uscita venerdì sera, bella come quando m’innamorai perdutamente di lei più di 12 anni fa. Ovviamente sono devastato dal dolore, vi concedo questa piccola vittoria, ma sarà di corta durata. So che lei accompagnerà i nostri giorni e che ci ritroveremo in quel paradiso di anime libere nel quale voi non entrerete mai.
Siamo rimasti in due, mio figlio e io, ma siamo più forti di tutti gli eserciti del mondo. Non ho altro tempo da dedicarvi, devo andare da Melvil che si risveglia dal suo pisolino. Ha solo 17 mesi, farà merenda come ogni giorno e poi giocheremo insieme, come ogni giorno e per tutta la sua vita questo petit garcon vi farà l’affronto di essere libero e felice. Perché no, voi non avrete mai nemmeno il suo odio”.  

Le lanterne di pace volano in cielo

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