L’ex sindaco Granata: “ingiurie e calunnie interessate, per le quali ho dato incarico di querelare l’assassino di nome Spagnuolo”
Giuseppe
Granata, figlio di Raffaele, l’imprenditore ammazzato barbaramente dai casalesi
nel lido La Fiorente della sua famiglia, non ha chiuso occhio per tutta la
notte. Era troppa la rabbia per le dichiarazioni rese dal pentito di camorra,
Oreste Spagnuolo, alla trasmissione Servizio pubblico che va in onda il giovedì
su La7. L’ex sindaco di Calvizzano è stato continuamente a telefono per
rispondere ai tanti amici che gli hanno
voluto dimostrare solidarietà anche in quest’occasione, nella quale si trova
nell’assurda situazione di vittima di una barbarie omicida che ha colpito la sua
famiglia e deve respingere “infamanti illazioni – come ci ha riferito Granata -
su fatti del tutto destituiti di verità”. Ma soprattutto per concordare i
dettagli con il collega a cui ha dato mandato
di querelare il collaboratore di giustizia.
“Collaboratore - ha aggiunto Granata – che,
improvvisamente, fuori da ogni contesto, in un’intervista con Sandro Ruotolo,
il giornalista della trasmissione Servizio pubblico, ha ripreso una vecchia storia
secondo la quale dopo l’omicidio di mio padre sarebbe stata pagata la tangente
estorsiva richiesta dai casalesi. Ruotolo, a cui ho espresso tutto il mio
disappunto per le dichiarazioni senza replica del pentito, relative ad una vicenda
sulla quale già nel 2010 si è pronunciato il Tribunale di S. Maria, sentenziando
l’assoluta insussistenza dei fatti, mi ha immediatamente dato la sua
disponibilità a poter controbattere su
queste farneticazioni, attraverso un’intervista televisiva in onda alla
prossima trasmissione di Santoro”.
“Abbiamo sempre onorato – ha concluso
Granata – e continueremo ad onorare la
memoria di mio padre, gran lavoratore, persona onesta e perbene, che ci ha
insegnato i veri valori della vita e soprattutto a essere uomini liberi, così
come lui è sempre stato. Nonostante siano trascorsi quasi sette anni da quel tragico giorno, viviamo
quotidianamente nel suo ricordo, ed ogni gesto incompatibile con quei valori è
per noi impensabile, figurarsi il sottostare al ricatto mafioso, tra l’altro
dopo la sua morte per mano di questo e degli altri assassini. Di punto in
bianco un killer che ha diverse decine di omicidi sulla coscienza cerca di
gettarmi fango addosso, con farneticazioni prive di fondamento. Per quale
motivo? La risposta, a mio giudizio, sta nell’approssimarsi della causa in
Cassazione relativamente all’omicidio. Qualcuno vorrebbe screditarci, usando l’arma
della calunnia”.