A cura di Angela
Sarracino, psicologa e psicoterapeuta
In quante case,
accade che i genitori al mattino si trovano ad ascoltare quotidianamente la
stessa frase: mamma non mi strillare ho bagnato di nuovo il letto. Se tale
fenomeno è normale per bambini piccoli, che abbandonato il pannolino, si stanno
abituando a fare i propri bisogni nel vasino, non lo è più per quelli più
grandicelli (dai 6 anni in poi). Allora cerchiamo di capirne un po’ di più. Per
prima cosa è importante dare un nome ai fenomeni. Dobbiamo allora imparare che
fare pipì a letto è definito enuresi, la cacca, invece, encopresi. Andiamo ora ad
analizzarne il primo. Per fare una diagnosi di enuresi è importante farsi una
domanda specifica. Il bambino non ha mai smesso di fare la pipì a letto
(enuresi primaria) o ha ripreso dopo un periodo di controllo dei bisogni
(enuresi secondaria)? Detto questo, il passo successivo è quello di trovare le
cause. L’intervento del pediatra può aiutarci a fare un’adeguata diagnosi, in
modo da comprendere se l’enuresi è primaria (più frequentemente legata a cause
organiche come: scarso controllo della vescica, infezioni delle vie urinarie e diabete
mellito) o secondaria (legata prevalentemente
a cause psicologiche). Non è di mia competenza affrontare le cause organiche,
quindi mi soffermerò su quelle psichiche. Un professionista, psicologo o
neuropsichiatra infantile, attraverso incontri individuali o familiari, potrà
studiare le cause psicologiche dell’enuresi, prestando attenzione a: situazioni
ambientali particolari, situazioni nuove e magari non ben accettate dal bambino
che possono portargli stati d’ansia, angoscia,
disorientamento (ad es. l’ingresso nel mondo della scuola, la nascita
del fratellino, un trasloco, la separazione dei genitori, la morte di una
persona cara). Casi tipici sono anche quelli in cui il bambino si sente
trascurato e cerca quindi di attrarre l’attenzione e la sollecitudine dei
propri genitori in questa maniera. Fatta la diagnosi, il passo successivo
è quello di capire come aiutare il bambino. Sicuramente i genitori dovrebbero evitare di
colpevolizzare eccessivamente il loro figlio, che già di suo vive con vergogna
e dispiacere la situazione. Sono assolutamente da evitare, quindi, premi e punizioni
o le derisioni da parte dei membri familiari così come il ritorno al pannolino,
che possono minare l’autostima del bambino. Al contrario, si dovrebbe essere
rassicuranti e comprensivi, cercando di trovare insieme al bambino una
soluzione che possa essere ben accettata. Quale? Ad esempio ridurre i liquidi a
cena, farlo andare in bagno prima di mettersi a letto, insegnare al bambino
degli esercizi volti ad allenare la vescica a contenere una quantità superiore
di liquido, parlarne più spesso in famiglia, non negare il problema ma neanche
ingigantirlo. Mi ha fatto sorridere scoprire l’esistenza di un allarme,
rilevatore di pipì in vendita all’estero che messo nella mutandina, suona alla
minima goccia di pipì. Il bambino allora si sveglia e va a fare pipì in bagno. In
conclusione, l’enuresi non è una malattia ma potrebbe essere il sintomo di
qualche altro disturbo psicologico (fobie, ansie); non va quindi trascurata né
sottovalutata perché potrebbe cronicizzarsi e durare a lungo. Più utile,
allora, affrontare la situazione con tranquillità e armonia, affidandosi al
professionista di fiducia.