Se non fosse stata abbattuta per far posto ad altre
abitazioni, la masseria Chiavettieri sarebbe sicuramente la più antica del
nostro paese. Fu costruita in epoca romana, come fa intendere nel suo libro scritto
negli anni 30, lo storico ed esperto di archeologia prof. Raffaele Galiero.
“…Al “Chiavettieri” – è scritto a pag. 31 – (dove termina via San Pietro, ndr)
si osserva un fabbricato tuttora abitabile, elevato su una casa certamente
romana. Nella facciata, in generale, v’è tutta una costruzione moderna ma a un metro o più dal suolo, e quindi dalle
fondamenta, vi sono mura reticolate ed a rettangoli, che ci richiamano alla
costruzione romana. Nel lato sinistro si conserva ancora un cunicolo con volta
a mezza botte, tutto in costruzione romana, mentre nel lato posteriore gran
parte della casa antica è ricolma di terriccio. Effettuato un piccolo scavo,
venne alla luce una stanza rettangolare conservante ancora piccola parte del
pavimento in marmo ed un sedile lungo il lato destro.. Era questo un vestibolo
o un atrio, parti che precedevano la casa romana?... Furono trovati anche una
porzione di un piatto dalla superficie nera e un pezzo di stucco che per i
colori e per la fattura non è dissimile da una cornice di una edicola osservata
nella casa delle Forme di Creta a Pompei. Questi pochi avanzi ci dicono che non
si tratta di un’abitazione colonica, d’un praedium rusticum, ma di una casa
signorile, appartenente a qualche ricco romano. Né ciò fa meraviglia se si
pensi che lo stesso tenore di vita dei nobili romani esigeva che essi non
avessero una sola abitazione, ma che possedessero almeno un fondo non lungi da
Roma, un altro per la stagione dei bagni, e nel luogo di nascita: i “predia
patrita”, cioè possedimenti paterni”
Ma la
zona è ricca di reperti storici: recentemente, durante i lavori di scavo per la
realizzazione dell’impianto fognario, sono venuti alla luce importanti
ritrovamenti risalenti a epoca romana
“A poca distanza (dalla Masseria Chiavettieri, ndr) – scrive
ancora Galiero – vi sono ruderi di un’altra casa romana, quasi nascosta da una
lussureggiante vegetazione. In un piccolo ambiente si osserva il pavimento in
mosaico bianco ma alquanto grezzo. Non lungi dal detto corpo di fabbrica vi
sono due archi con mura reticolate che li uniscono, quasi a formare un ponte.
In varie parti le pareti restano ancora rivestite di intonaco, su cui il prof.
M. Della Corte, Ispettore degli scavi di Pompei, osservò qualche graffito non
trascurabile”. Il Galiero ipotizza anche l’esistenza di una strada che univa la
zona di san Pietro alla via Consolare Campana (l’attuale tratto di strada che
collega via San Rocco di Marano al Ponte Surriente di Qualiano).
“Il colono – è scritto nel libro – ci riferisce che proprio
in direzione degli archi, scavando nel sottosuolo, ha trovato tracce di una
via, da cui ha tolto anche delle larghe selci, che ci ha mostrato. Tutto il
resto è uno strato ben duro di calcinacci ammassati. Che sia questo, un tratto
della via Campana attraverso il nostro territorio o una sua ramificazione? Le
poche pietre di avanzo potrebbero farci pensare essere una di quelle vie
romane, dalle quali nel 1317 furono tolte le larghe selci per rifare il
pavimento delle piazze e delle vie di Napoli”.