Come erano belle le antiche Masserie…


Masseria Commone


ex Masseria Furoli
Verso la fine degli anni ’70, erano più o meno una ventina le masserie sparse sui circa 4 chilometri quadrati del nostro territorio.  Diverse sono scomparse sotto l’azione delle ruspe (vedi Masseria Fiorillo zona cooperative, Masseria Furoli, ubicata nei pressi di via Adda, eccetera) per far posto a mega palazzoni, mentre le poche rimaste sono state completamente abbandonate e, oggi, se ne vedono solo i ruderi pericolanti.  Eppure le masserie rappresentano un’autentica memoria dei nostri luoghi, per cui andrebbero rivalutate sotto ogni aspetto: storico, culturale, archeologico, sociale. Potrebbero  rappresentare un’enorme potenzialità di “sviluppo compatibile” di alcune aree, dove, purtroppo, domina solo il degrado ambientale. Un esempio su tutti la Masseria Commone (diventata luogo di scarico di amianto e materiale di ogni genere), forse la più antica: risalirebbe agli inizi del 1400. Si trova immersa nel verde delle campagne di via Eduardo De Filippo (ex via Commone), a pochi passi dal parco urbano di Villaricca e di un sito archeologico (scoperto proprio durante i lavori del parco di Villaricca) dove, recentemente, sono venuti alla luce ritrovamenti risalenti, secondo gli studiosi, a 1800 anni avanti Cristo. Pertanto si potrebbe pensare a un progetto complessivo  di riqualificazione  lanciato dal Comune, con il coinvolgimento di privati, disposti a investire capitali propri. Insomma, un’azione sinergica pubblico-privato che, sfruttando la caratteristica dei luoghi, ne consentirebbe il loro recupero e una ottimale valorizzazione. Si potrebbero ipotizzare percorsi archeologici, percorsi gastronomici  e percorsi naturalistici. Su tali percorsi tematici si potrebbero innestare: attività turistiche o agrituristiche o connesse al tempo libero (visite guidate, degustazione prodotti, eccetera). Sarebbe anche un’occasione buona per poter creare qualche posto di lavoro. Lanciamo questa idea che ci è venuta in mente, sperando che qualche candidato sindaco la prenda in considerazione e la inserisca nel suo programma elettorale.  E’ chiaro che chi è intenzionato a far sua una simile idea,  dovrà mettere in conto che non sarà più possibile  costruire il nuovo cimitero  nelle immediate adiacenze della masseria Commone, come aveva previsto l’ex sindaco Granata nel suo Puc. Andrebbe concepito altrove, o spostato di un centinaio di metri (Nel Puc targato Pirozzi il nuovo cimitero era previsto ai confini con via Adda, più o meno nei pressi dell’ex masseria Furoli). E, poi, visto che si può ancora intervenire sul nuovo Piano urbanistico, poiché l’iter non è ancora completato, perché  non prendere in considerazione  l’idea di realizzare anche un parco urbano,  proprio nelle immediate adiacenze sia della storica masseria Commone?  Un grosso polmone a verde attrezzato andrebbe sicuramente  a compensare l’ incontrollata cementificazione  che ha divorato, anche se in misura minore rispetto ai Comuni limitrofi, il nostro territorio. Il progetto di riqualificazione economica e ambientale di tutta l’area intercomunale, poi,  potrebbe essere inserito in un unico piano che coinvolgerebbe anche il Comune di Villaricca, attraverso la stipula di un Accordo di programma, il che darebbe più forza a una eventuale richiesta di fondi regionali o europei. Insomma, carne sul fuoco ce n’è tanta: bisogna solo saperla cucinare in modo ottimale. 
Palazzo Agliata in zona S.Pietro

            A pochi passi da noi c’è molto più fermento e attenzione verso le antiche Masserie   
A Marano l’ex amministrazione Perrotta lanciò addirittura un concorso d’idee per ristrutturare  tre storiche masserie del territorio. L’architetto Maria Claudia Giannella, invece, ha svolto la sua tesi di laurea sulla masseria Pedrigone. Inoltre, gli studenti della media Socrate hanno realizzato, nell’ambito del progetto Terra Mater et Magistra,  un ottimo lavoro di ricerca sulle masserie, raccolto, poi, in un libro.
Concorso di idee  Il bando di idee per la valorizzazione di alcune masserie di Marano fu lanciato nel 2006 dall’ex sindaco Perrotta. Un concorso, patrocinato dall’ordine degli architetti di Napoli, , dalla Provincia, dalla Regione e dalla Soprintendenza ai beni culturali, che fu bandito con l’intento di avere a disposizione tre progetti, finalizzati al recupero architettonico e funzionale delle masserie di Fuoragnano di Sotto e di Sopra, di masseria Capuzzelle e del Castello di Monteleone.  Fu stabilito anche un monte premi di 10mila euro da assegnare al vincitore della migliore idea relativa ai tre ambiti e alle migliori tre proposte.
Tesi di Laurea  Il variegato patrimonio archeologico di Marano, spesso oggetto di studio, nel 2007 diventò tema centrale della tesi di laurea dell’architetto Maria Claudia Giannella. L’elaborato è intitolato “Antiche Masserie di Marano di Napoli: Progettazione di uno scenario per l’accoglienza turistica e ricreativa”.  Si tratta fondamentalmente di uno studio accurato del panorama architettonico rurale della città, che ha poi portato alla progettazione di un piano di recupero di quella che è stata identificata come la masseria tipo: la masseria Pedrigone, situata sulla ex via provinciale San Rocco.
“L’edificio – dichiarò Maria Claudia al periodico l’attesa – raccoglie tutte le tipologie tecniche, funzionali e tecnologiche tipiche delle costruzioni rurali ancora esistenti sul territorio. Nonostante attualmente la masseria sia molto fatiscente, ho voluto realizzare un progetto con il quale, pur conservando la sua destinazione d’uso, questo enorme edificio potrà accogliere un Bed & Breakfast, un agriturismo, un museo dell’arte del cestaio e di quella contadina. Insomma, lo scopo è quello di creare un’area ricettiva polifunzionale che possa fungere anche da attrazione turistica. Qui a Napoli, purtroppo, vige la cultura della costruzione selvaggia e della distruzione del passato architettonico, ed è veramente un peccato, perché queste strutture potenzialmente hanno un valore estetico veramente alto”.
Studenti della Socrate  “La masseria – è scritto a pag. 49 del libro confezionato dagli stessi studenti – è una fattoria fortificata. Questa è l’espressione di un’organizzazione geo-economica legata al Latifondo, la grande proprietà terriera, che alimentava le rendite delle classi aristocratiche e della borghesia. Le masserie erano quindi delle grandi aziende agricole abitate, a volte, anche dai proprietari terrieri, ma la grande costruzione rurale comprendeva pure gli alloggi dei contadini, in certe zone anche solo stagionali, le stalle, i depositi per foraggi e i raccolti.
                                                               Storia  
“Probabilmente i primi esempi di masserie risalgono ai tempi della colonizzazione di popolazioni greche. Esse costituivano una organizzazione di base del territorio finalizzata ad attività agricole, successivamente i romani proseguirono con questa organizzazione, allargando queste unità agricole a maggiori aree, creando le basi per il latifondo. Le ville romane, come venivano chiamate a quei tempi, con la caduta dell’Impero divennero piccole fortezze organizzate per la difesa dalle invasioni barbariche. Intorno all’anno mille le masserie divennero una nuova entità rurale chiamata “feudo”, spesso assunsero la fisionomia di piccoli villaggi fortificati con alte muraglie. Con i Borboni il “feudalesimo” si rafforzò e divenne una borghesia rurale sempre più ricca con l’esproprio dei feudi ecclesiastici e le masse dei contadini salariati alle dipendenze dei propri terrieri. La borghesia rurale continuò a dominare nel meridione sino agli anni 50 del 900 e anche oltre per certi versi. A coordinare il lavoro nella masseria ci pensava il “massaro”, il più stretto collaboratore del padrone, lui si occupava di reclutare la mano d’opera e di controllare che tutta la “macchina aziendale”, funzionasse alla perfezione”.
                                                      Struttura
“In genere le masserie sono a due piani: al piano terra si trovano i locali destinati alla produzione e le stalle, un’ala del piano terra era destinata alla famiglia del “massaro”; il piano superiore era riservato al padrone con la sua famiglia. Lo schema tipico della masseria comprendeva una costruzione di tipo chiuso verso l’esterno e con le aperture tutte rivolte all’interno della corte o del grande cortile. Le stesse mura perimetrali, senza aperture, facevano da protezione contro intrusi e malintenzionati, permettendo anche una difesa eventuale contro assalti di briganti. Quasi sempre nelle masserie era presente una cappella o una chiesetta per le celebrazioni. All’interno del cortile vi erano anche le stalle per i cavalli o per i muli, nonché i locali per polli, conigli e volatili vari di allevamento”.

                                        La masseria oggi
“Da alcuni anni – concludono gli studenti – si assiste al recupero di alcune di queste masserie storiche che vengono ristrutturate per adibirle ad agriturismi. In tal modo si raggiunge anche l’importante obiettivo di garantire la salvaguardia e la conservazione di tali storici monumenti, modificandone solo in parte le funzioni e le destinazioni d’uso. Purtroppo a Marano le antiche e belle masserie, entri di vita e di lavoro, non esistono quasi più. Alcune sono scomparse sotto l’azione di ruspe che dovevano “ristrutturarle”, altre sono state abbandonate e oggi se ne vedono solo i ruderi pericolanti, solo poche cercano di riproporsi come centri di una rinnovata economia agricola”.          

Visualizzazioni della settimana