Le vicende della vita
non finiscono mai di sorprendermi. Sorprenderci.
Alle 12 circa di
stamattina, un giovane di 41 anni, sposato, due figli, si è sparato un colpo di
pistola alla tempia.
Al di là che era
figlio di un vecchio amico, lo avevo conosciuto direttamente e mi era subito
sembrato una persona affabile, rispettosa, intraprendente, con stile elegante,
ma non affettato
Quando nel dopopranzo
ho saputo di questo suicidio, mi sono cascate le braccia, non volevo credere a
una notizia così assurda.
Un ex collega
giornalista mi ha riferito che, poche ore prima che questo giovane premesse il
grilletto, lo aveva incontrato: stava accompagnando il figlio a scuola; e
avevano scambiato solite frasi di circostanza. Ma nulla faceva presagire quello
che, dopo alcune ore, sarebbe accaduto.
Al momento, non si
conoscono i motivi che lo hanno spinto a un gesto così disperato.
In un lungo post su Fb
di tre giorni fa scriveva, fra l'altro: "... Non si può cancellare la
traccia delle nostre azioni, un segno rimarrebbe comunque, il foglio non
tornerebbe immacolato... allora tanto vale scriverla, il meglio possibile, la
storia di questa meravigliosa, incredibile, unica Vita che abbiamo".
E il giorno
successivo, un altro post, stavolta conciso, in cui faceva riferimento a gente
falsa, gente strana, gente di merda: "Potete scegliere come apparire, ma
non potete nascondere a lungo chi siete!"
E ancora dopo, su
Instagram ha scritto, sembra di suo pugno, la frase di un "saggio":
"Il silenzio racconta quelle che le parole non hanno più la forza di
esprimere”.
Certo già questo suo
estremo desiderio di esprimere sommessamente, con quelle parole, ciò che gli
frullava nella testa e nel cuore, potrebbe indurre a supporre che le cause del
suicidio siano da collegare al suo lavoro.
Ma niente può essere
escluso in un ambiente come le mie parti, dove non è facile orientarsi per
incontrare gente perbene, parte di umanità sempre più rara.
Non ho citato il nome
del giovane, né ho messo la sua foto, per una forma di pudore verso il dolore
della famiglia. Anche se i giornali hanno ben mostrato l'identità e il volto del
suicida.
Ho invece qui messo la
mia foto, per metterci la faccia a testimoniare la vicinanza di compassione
verso i suoi genitori, sicuramente in uno stato di choc tremendo, su cui
scivoleranno tutte le manifestazioni di condoglianze che stanno arrivando.
Si, ha scritto bene il
giovane, il giorno prima di suicidarsi: Il silenzio ora è quello che conta.
Ma conterebbe anche in
tante altre circostanze.
Le parole ormai non
esprimono verità e sono state svuotate di valore logico e di ricerca del buon
relazionarsi, per diventare un chiacchiericcio insopportabile.
Stefano Rinaldi
Caro Stefano, nei
tanti anni che abbiamo lavorato insieme, prima al periodico “IdeaCittà”, dove
ero un semplice redattore, poi al periodico “L’attesa”, giornale che abbiamo
fondato insieme nel 1994, e in edicola per 20 anni, avevamo una linea ben
precisa sui suicidi: non parlarne, per evitare il cosiddetto effetto Werther,
il fenomeno per cui la notizia di un suicidio pubblicata sui mass media
potrebbe provocare nella società una catena di altri suicidi. Qualche volta che
lo abbiamo fatto, non abbiamo mai usato titoli sensazionalistici, mai usato l’espressione
“suicidio” nel titolo, mai riportato le foto di chi aveva deciso di farla finita. Avrei
evitato di parlarne anche questa volta se non fosse accaduto, poche ore prima
del tragico evento, l’episodio dell’incontro nel piazzale antistante l’elementare
Diaz di Calvizzano. Un evento che mi ha scioccato ancora di più. Infatti, solo alle
20 di ieri sera ho deciso di scrivere poche righe di cronaca, visto che tutti i
giornali on line avevano dato la notizia e pubblicato la foto, per riferire
questo particolare, perché, come scrivi giustamente, le vicende della vita non
finiscono mai di sorprenderci.
Mi.Ro.