Marano, storia di un palazzo e una famiglia (i Biondi, provenivano da Calvizzano) in una cartolina da collezione


L’articolo fu inviato nel 1995 al periodico “L’attesa” dallo storico Giusepe Barleri


La foto pubblicata appartiene alla serie “Liebhardt”, della quale fanno parte molte altre vedute di Marano ripubblicate tempo fa da Veccia. La cartolina è degli anni venti e dovrebbe essere un pezzo unico, rinvenuta dal giovane collezionista Angelo Orlando. Riproduce il palazzo Biondi che, come attesta la sua stessa didascalia, si trovava (e si trova tuttora, ma irriconoscibile per le ristrutturazioni fatte qualche tempo fa) in via Truglio, oggi corso Umberto 137. Il fabbricato, più volte riadattato, apparteneva ai Biondi, provenienti da Calvizzano. Non fu edificato nei primi anni del Novecento, ma più di un secolo prima dai coniugi Pasquale Biondi e Palma Rosa Carandente-Giarrusso. Il loro matrimonio, avvenuto il 28 ottobre 1751, aveva visto l’unione di due tra le più ricche famiglie maranesi. Palma, infatti, portava in dote la ricchezza dei Carandente-Giarrusso e anche quella degli Scaya, cui apparteneva la mamma Domitilla. In seguito,il fabbricato fu ampliato e arricchito da Domenico, figlio di Pasquale e Palma. grazie anche alla dote di sua moglie Marianna Carandente Sicco,che aggiunse ai già cospicui beni dei Biondi, quelli dei Carandente-Sicco  e del Di Criscio, cui apparteneva la madre Anna Maria. La ristrutturazione visibile in foto risale ai primi del Novecento e fu voluta da uno dei discendenti dei Biondi, Raffaele, che sposò la ricca Ezilda Ferro di Frattamaggiore. Come dono di nozze, Biondi non solo ristrutturò il palazzo, ma ne edificò uno nuovissimo in piazza Spirito Santo: quello che poi la signora Ezilda, alla morte del marito, donò ai Padri Bianchi. Raffaele Biondi fu ucciso il 12 febbraio 1936 nel nobile tentativo di separare due persone che si stavano accoltellando. Non avendo eredi e non essendosi più risposata Ezilda, la proprietà dell’edificio di via Truglio passò di mano.

La cartolina qui pubblicata, però, è importante non solo sotto l’aspetto del collezionismo, ma anche perché, come si legge sul retro, reca i saluti che la vedova Ezilda invia alla sorella Giuseppina Ferro residente a Frattamaggiore. Una cartolina, quindi, che ci ricorda nello scritto e nella firma una delle più nobili donne maranesi della quale la sorte non ha permesso che scomparisse il ricordo.     

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