L’UOMO CHE FECE ANCHE “COSE BUONE” (Fascismo e corruzione – Prima parte)

 


Dallo scrittore Enzo Salatiello riceviamo e pubblichiamo

Siamo al novantottesimo anniversario della presa del potere da parte del Fascismo. Il 28 ottobre 1922 Mussolini riceveva l’incarico da parte del re di formare il governo. Perché scrivere ancora di questo periodo? Non è certo un argomento ormai consegnato alla Storia? Troppe pulsioni e miasmi nostalgici con annessi orpelli e rigurgiti che ribolliscono ci dicono che una certa destra estrema, violenta, oscura e peggiore di quella assediata dalla sinistra mondiale negli anni ’70 è sempre con noi, tra noi e la si vede chiaramente dalle sue comparsate nelle piazze a strumentalizzare ogni ragione e occasione propizia. È consuetudine quando ci si riferisce al Fascismo pensare che fece anche cose buone e quindi mi limiterò a illustrare brevemente al contrario di quel che pensa la vulgata popolare niente affatto a  conoscenza di  alcuni aspetti che riguardano i fascisti e Mussolini: gli scandali, le ruberie, le truffe, l’affarismo, il malcostume, la degenerazione di dossieraggi sui segreti e gli scheletri (tanti) nell’armadio di gerarchi e capimanipoli  praticato da tutti contro tutti. Il primo della lista è proprio lui: Mussolini, nei giorni immediatamente precedenti la Marcia su Roma è nel suo ufficio di Milano e partecipa a una riunione riservata con industriali, banchieri e commercianti. Sono d’accordo, questi gli daranno molti soldi e appoggi perché lui guiderà la battaglia contro la classe operaia. Per la verità egli accettò soldi anche dalla Gran Bretagna quando nello spazio di una notte passò dalle posizioni neutraliste alla vigilia della Grande Guerra a quelle di acceso interventista provocando così la sua espulsione dai socialisti e la cacciata dall’Avanti, giornale del partito. Uno dei primi scandali è la vendita (sottobanco) a prezzi stracciati del materiale bellico ancora ottimamente funzionante, venduto come residuato inservibile della Grande Guerra, alla vicina Jugoslavia, futura nemica dell’Italia! Un regime militarista e bellicoso che vende armi a un suo vicino di frontiera! Si può essere politicamente più stupidi? In una missiva di Eduardo Torre, gerarca fascista, indirizzata al duce si dice che dalla vendita sono state ricavate duecentocinquantamila lire. In realtà era mezzo milione ed era nel frattempo diventata la metà! Questo dimostra che il dominus della cricca affaristica fascista era sempre lui, Mussolini. Ma in quegli anni c’è un implacabile oppositore che non dà tregua al Fascismo e ai suoi loschi affari, è il deputato socialista Giacomo Matteotti. Egli indaga, scova fonti, si reca sul posto, interpella gli esclusi dagli affarismi e il malaffare. Indaga su concessioni di casinò, giochi d’azzardo e speculazioni.  Egli interviene alla camera chiedendo di invalidare le elezioni del 1924 per gravi irregolarità e corruzione. È una vera spina nel fianco del regime. Fino a quando, nel giugno del 1924, per mano di sicari fascisti, un vile assassinio lo toglie dalla scena politica italiana. Il duce accorda alla società petrolifera americana (la cosiddetta demoplutocrazia secondo l’armamentario propagandistico della retorica vuota e inconcludente fascista) la Sinclair – Penninslvanya motor oil compagnia controllata dalla ben più conosciuta Standard Oil la concessione esclusiva per novant’anni della ricerca e lo sfruttamento del petrolio italiano con l’esenzione dal pagamento delle tasse! L’accordo, sconcertante, attira l’attenzione di Matteotti che fiuta subito il miasma malsano della corruttela. Capisce che deve cercare laddove qualcuno è rimasto fuori e quindi voglioso di vendetta: la BP (British Petroleum). Matteotti si reca a Londra, da fonti amiche ottiene molto probabilmente prove di una maxi tangente di trenta milioni di lire dell’epoca che riceve Arnaldo Mussolini, il fratello del duce. Uomo oscuro certamente favorito dall’ombra in cui operava, questo soggetto, gode di un’immagine pubblica di uomo colto, raffinato, sobrio, lontano dalla sbruffoneria e postura cialtronesca del fratello ma, come vedremo in seguito, è uno dei pescecani più famelici e voraci, collettore di favori, tangenti e soldi, moltissimi soldi pubblici di cui si appropria senza nessuna remora morale! Questo scandalo è illustrato dal giornale inglese, organo dei laburisti che anche il nome di Aldo Finzi, sottosegretario dimissionario del Ministero degli Interni italiano. Quando Matteotti è assassinato, sparisce per sempre una borsa piena di documenti, le prove della corruzione ai vertici del regime? In Italia dopo eccidi eccellenti, spariscono immancabilmente borse, documenti e agende degli assassinati! Uno dei più fanatici e pericolosi gerarchi fascisti, violento organizzatore dello squadrismo in Lombardia, di cui lo stesso Mussolini se ne preoccupava come un pericolo fuori controllo, era Roberto Farinacci, appartenente all’ala germanista del partito, razzista e cospiratore, traditore di amici e persecutore di oppositori, amico del manganello e dell’olio di ricino, finì a Piazzale Loreto con Mussolini e gli altri gerarchi nell’aprile del 1945. Fanatico e spietato ma anche amante di soldi e di agi a spese della collettività.  Acquista, non si sa come, ville a Napoli, Roma e Milano, una villa sulla spiaggia a Gaeta e fa costruire l’imponente sede del suo giornale a Cremona, tutto con proventi di oscura provenienza. In casa sua, dopo la caduta del regime, nel 1943, si troveranno circa ottanta chili d’oro! Si calcola che al 1945, Farinacci possedeva un patrimonio di trecento milioni di lire! La corruzione in seno al Fascismo ha sempre riguardato i massimi vertici, l’anziano generale della Grande Guerra Emilio De Bono, fascista della prima ora, quadrumviro della Marcia su Roma, governatore della Tripolitania. Approfittò della sua carica in Africa pretendendo tangenti sugli appalti delle ditte italiane nelle colonie. L’azienda napoletana dei fratelli Scalera pagò ingenti somme pari a circa il 10% del valore appaltato ma anche altre ditte dovettero sottostare al suo sistema, per suo conto, le mazzette le riscuoteva il colonnello Butturini suo segretario. De Bono accumulò grosse somme arricchendosi velocemente ma Mussolini cosa faceva? Nulla. Egli sapeva tutto, tramite rapporti della polizia segreta fascista, mise da parte centinaia di dossier per poter ricattare i suoi uomini. Un altro potentissimo personaggio del regime era l’industriale Costanzo Ciano, padre di Galeazzo, genero del duce. Egli si arricchì con le forniture statali e di vendite all’estero anche contro gli interessi nazionali, era anche ministro del governo fascista e presidente della camera dei deputati. Questa doppia veste lo favorirà nei suoi affari che lo porteranno a essere uno degli uomini più ricchi del mondo. Con un patrimonio che lascia in eredità pari agli odierni settecento milioni di euro! Anche suo figlio, l’imbelle, l’incapace eterno mediocre politico di bassa statura morale che sposerà la figlia del duce, continuerà ad arricchirsi sfruttando il suo ruolo di ministro degli Esteri. Poi, trovò anche il tempo di votare contro il suocero con un atteggiamento tardivo di opposizione a chi aveva trascinato l’Italia nella tragedia. Il capo della polizia Arturo Bocchini, corrotto e discreto, dato il suo delicatissimo ruolo. Strinse legami con una influente e potentissima famiglia di imprenditori napoletani: i fratelli Piscitelli, che gestivano le attività commerciali e di movimentazione merci del porto di Napoli. Questi detenevano azioni di molte società collegate al porto ma che in realtà erano di Bocchini, il dossier saltò fuori nel 1945. Poi abbiamo il ras locale Ernesto Belloni, podestà di Milano: sempre lei, la città delle tangenti! Belloni siede in circa venti consigli di amministrazione di società tra le quali quelli di: Italgas e Adriatica Sicurità. Fatto estremamente grave perché queste aziende firmano contratti importanti con il comune. Belloni, grazie a questo colossale conflitto di interessi, si arricchisce e sfoggia un tenore di vita con auto di lusso, amanti e case molto vistoso. Edmondo, il fratello sconosciuto di Italo Balbo, un altro dei quadrumviri della Marcia su Roma, governatore della Libia e gerarca di primissimo piano del regime, accumula una decina di incarichi come revisore dei conti, controllore e consigliere di amministrazione di molteplici società, cumulando stipendi e prebende! Niente male per uno che fino all’ottobre 1922 era uno sconosciuto pressoché totale.

Enzo Salatiello


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