“Vivere ai margini”, drammatica odissea di Salvatore Manco e della sua
numerosa famiglia: articolo a firma di Mimmo Rosiello, apparso sul periodico
“ideaCittà” a gennaio 1992. Lo proponiamo ai nostri lettori visto
che, a oltre 28 anni di distanza, il dramma della casa è un argomento ancora di
grande attualità
Seconda traversa San Rocco civico 18, o meglio, marciapiede che costeggia
il terraneo numero 18. E’ lì che hanno sbattuto Manco Salvatore, più conosciuto
come “Ciccio ‘e Pacchico”. Non c’era di meglio.
Sette figli, una moglie dalla salute sempre più cagionevole, una vita
segnalata da un crudele destino che ormai non guarda in faccia più a nessuno.
Una vita di stenti e di miseria. Una triste storia di ordinaria emarginazione,
un dramma, un calvario quotidiano ovattato nelle quattro lamiere che fanno da
scudo a un tugurio in uno dei centri della bistrattata periferia del malessere,
dove la solidarietà dei vicini, anche se è un fatto sempre più raro, supplisce
l’assenza dello Stato che da queste parti è sempre più paragonabile a una sorta
di participio passato. Qualcosa che c’era, che c’è stato, ma che ora sembra non
esserci più.
I guai per Salvatore Manco iniziano pochi anni dopo essersi sposato, quando
dovette lasciare la casa di Corso Umberto perché serviva al proprietario. Date
le non buone condizioni economiche del Manco e figli che venivano al mondo
senza alcuna regola, come una vera e propria catena di montaggio, gli
amministratori dell’epoca presero a cuore il caso e lo sistemarono, insieme ad
altre famiglie, in uno dei terranei di via Piave, i cui locali dovevano essere
destinati ad asilo. Per 12 anni non ci sono stati problemi, anche se le
condizioni di vita sono state altamente disumane. Basta ricordare che un topo
morsicò mezzo dito a una delle sue figliole che all’epoca aveva appena pochi
mesi. Anche dal gulag di via Piave, però, dovettero andare via perché il
proprietario riuscì, con una sentenza di sfratto esecutiva, a far sgomberare
quelle favelas. Quel giorno del mese di giugno ’91 venne l’ufficiale
giudiziario per cacciarli fuori e successe il finimondo. “Pacchicco” però si
ribellò e venne arrestato. Gli amministratori, anche per salvare la faccia, non
seppero trovare una sistemazione migliore di una tenda ubicata nel piazzale
della scuola media D’Azeglio. Ma, senza pensarci su, gli sfrattati si
rifugiarono nel plesso Aule Prefabbricate provocando non pochi danni. Dopo
questa esperienza, che non poteva certamente durare a lungo, mentre ad altre
famiglie di sfrattati furono dati soldi, un modo ottimale per toglierseli di
torno, “Pachicco” rifiutò il denaro perché lui voleva una casa a tutti i costi,
un punto di riferimento dove poter finalmente vivere degnamente e ricomporre
quegli spezzoni di vita insieme ai suoi figli. Dietro interessamento
di qualcuno che Manco definisce amico è stato sbattuto in un terraneo di una
sola stanza nella seconda traversa San Rocco al civico 18, dove da sette mesi
vive con la moglie e sette figli in condizioni che definire squallide significa
essere benevoli. L’hanno internato. L’hanno emarginato perché ha sette figli,
perché ha il vizio di bere, ma “Pacchicco” non fa del male a nessuno, la sera
torna a casa e va a dormire.
“Bevo per dimenticare i guai”, afferma. Ma sarebbe disposto a
smettere definitivamente se gli dessero una casa o almeno la possibilità di
fittarla. Sarebbe disposto anche a pagare una pigione di trecento e
anche quattrocento mila lire al mese, perché “Pacchicco” fa le pulizie alla
SELENIA ed è anche un lavoratore instancabile; potrebbe, quindi, essere anche
un buon padre, se qualcuno gli desse una mano. Il problema è che nessuno vuole
averlo come inquilino. E qui nasce il dilemma. Chi dovrebbe occuparsi di questo
povero uomo che da anni è alla ricerca di una propria collocazione, che gli
restituisca quella dignità che gli altri gli hanno tolto? Le istituzioni? Ma
dove sono, chi sono? Qui a Marano ci sono i Commissari che devono pensare a ben
altro: devono tamponare i guasti prodotti in tanti anni di malgoverno cittadino
in cui gli amministratori hanno pensato a riempire solo le loro tasche e a
cercare spasmodicamente consensi. Oggi, quando vengono interpellati sul caso
Manco Salvatore, li senti dire: “Ma cosa possiamo farci? Ormai non
amministriamo più niente!”.
Ma cosa è stato fatto in precedenza. Sono vent’anni che
“Pachicco” cerca una casa. Ha fatto quattro volte la domanda e non ha saputo
mai niente. Dov’è il SUNIA (Sindacato Inquilini) che dovrebbe istituzionalmente
tutelare chi ha veramente diritto a un buco? E allora “Pacchicco” resterà
sempre solo ed emarginato e le sue condizioni psico-fisiche e quella della sua
famiglia peggioreranno ogni giorno di più.
E se c’era un barlume di speranza per strappare i suoi figli dai tentacoli
della strada, questa possibilità sfuma sempre di più.
Anche noi, gente comune, non siamo immuni da pecche. Il materialismo
sfrenato di cui oggi siamo vittime, la vita frenetica che conduciamo non ci
consente di dedicare nemmeno un minuto a “Pacchicco”, che ormai è diventato un
simbolo, l’altra faccia di una medaglia che nasconde la parte peggiore di noi.
Nella sua triste storia c’è di tutto: solitudine, sofferenza, dramma della
casa, alcoolismo, emarginazione e chi più ne ha, più ne metta…
“Fuori i colpevoli”, asserì un saggio alcuni anni or sono.
Ma è difficile trovarne in questa società dove vige la legge dello
scaricabarile, la legge del rimpallo di responsabilità, dell’omertà senza
limiti. Ma pagheranno sicuramente tutti coloro che sanno di poter fare qualcosa
per “Pacchicco” e non si muovono, pagheranno tutti coloro che lo disprezzano,
senza sapere che prima o poi, in un modo o nell’altro, potrà toccare anche a
loro.
Queste storie, alle soglie del Duemila, rappresentano ancora una realtà
tangibile in una zona dove il degrado e il malessere sociale la fanno da
protagonisti e l’impegno delle istituzioni ancora una volta si è dimostrato
carente. E a fronte di queste sacche di malessere sorgono proprio qui, a
Marano, quartieri residenziali e appartamenti di lusso. Realizzati, spesso, in
bilico tra i confini della legalità e della illegalità.