10 anni fa moriva Gianfranco Scoppa, maestro di umanità e solidarietà: nella storia di Marano ha lasciato un segno come medico, come politico, ma soprattutto come imprenditore
Giugno
2010: estate terribile per i lutti nel mondo della politica. Nel giro di pochi
giorni morirono Gianfranco Scoppa, Castrese Angellotti e Giuseppe Carandente
Giarrusso, tre esponenti di primo piano della vita pubblica locale. Di Angellotti e Carandente Giarrusso ne abbiamo parlato in altri articoli.
Gianfranco
Scoppa morì a 61 anni in un caldo giorno di giugno. Unanime fu il
cordoglio. Oltre a essere stato un eccellente medico, era un maestro di umanità
e solidarietà. Mai un gesto di presunzione, sempre modesto, ma soprattutto
umile: nella storia di Marano ha lasciato un segno come medico, come politico,
ma soprattutto come imprenditore. Investì i suoi capitali per ammodernare quel
gioiello di sanità diagnostica e terapeutica che risponde al nome di Centro
Aktis, che non ha nulla da invidiare alle strutture del nord. Un
imprenditore solidale, pronto a dare sempre una mano agli ultimi e a non
tirarsi mai indietro, quando si trattava di sponsorizzare una manifestazione di
qualsiasi tipo e di qualsiasi colore politico, nonostante fosse un uomo di
destra, che ha fatto politica attiva per diversi anni, candidandosi in diverse
competizioni elettorali. Gianfranco Scoppa, negli ultimi tempi, qualche anno
prima del suo decesso, era un po’ stanco: il male lo stava divorando, ma,
nonostante tutto, continuava a lavorare dodici ore al giorno, per aiutare gli
altri a sconfiggere quello stesso male di cui era rimasto vittima. Era un po’ amareggiato,
poiché il Comune, invece di aiutarlo nella crescita della struttura, punto di
riferimento di tutta la regione e dell’Italia meridionale, gli stava creando
ostacoli a non finire. Per migliorare gli standard terapeutici del Centro
Aktis, aveva deciso di acquisire un nuovo acceleratore lineare per la cura
dei tumori. Ma era necessario costruire un bunker, e c’era bisogno, quindi, di
una variante urbanistica che il Comune non si decideva a concedere. Allora
chiamò il direttore dell’attesa (periodico locale), con il garbo che l’ha
sempre contraddistinto, per sollecitarlo a fare un articolo. Noi de l’attesa
l’abbiamo sempre accontentato, non perché fosse il nostro sponsor, ma perché
poneva problemi reali.
“Ho dedicato
la mia vita a questa struttura – disse in quell’occasione – e
voglio che cresca ancora, per cui non accetto che una politica non lungimirante
e una burocrazia farraginosa lo impediscano”.
A volte aveva un
senso di scoraggiamento e, in più di un’occasione, non ha disdegnato a dire che
voleva scappare via da Marano. Voleva andare via, motivando questa sua amarezza
con un lavoro certosino non ricompensato. Come mai gli chiedemmo?
“Qui non
conta nulla – disse – quello che hai fatto e come vivi, anche
se, nelle tue personali battaglie, in tutte le sedi, hai fatto sempre la guerra
alla camorra. Le istituzioni restano suggestionate dalle maldicenze e si
muovono come se davvero si trovassero di fronte un collegato alla camorra,
determinando controlli, commissioni antimafia, eccetera. Mentre sono rimasti
immobili per due rapine a mano armata, la visita notturna di ladri armati,
introdotti nella mia abitazione e il tentativo di estorsione recentemente
subito. Le denunce dormono negli archivi. Ma il paradosso dei paradossi e che
“negli ambienti” vengo etichettato come “sbirro”: ciò in ragione,
evidentemente, del fatto che sono nato e cresciuto in quelle istituzioni”.
Chi ha
conosciuto Scoppa non ha potuto fare a meno di stimarlo, anche per la sua
passione civile. Lasciò quattro figli che stanno completando degnamente il
lavoro da lui fatto, portando il Centro Aktis a livelli sempre più alti.
Gianfranco Scoppa resta una guida per i posteri, ma manca tanto, soprattutto a
coloro che non hanno mai smesso di stargli vicino, amandolo e apprezzandolo.
Mimmo Rosiello,
ex direttore de L’attesa