Marano. Esproprio irregolare, cronistoria della vergognosa vicenda Palazzo Giudice di Pace: le scale d’emergenza costarono circa 100mila euro
“Esproprio
irregolare, finanziamento a rischio: è un’opera senza pace quella in piazza Escrivà”.
Così titolava a ottobre 2012 il giornale l’attesa che affrontò nei minimi dettagli, avendone già parlato fin dal 2017, la vicenda
dell’esproprio irregolare del terreno dove venne costruito l’attuale edificio
del Giudice di Pace, evidenziando tutti i coni d’ombra. Non fummo ascoltati. Le
due scale di emergenza costarono circa 100mila euro e non avevano ancora le barriere metalliche di protezione: importo che sarebbe stato inserito nel quadro economico
dei lavori di ristrutturazione dell’ex Pretura, oggi sede degli uffici comunali.
Me ne parleremo a parte. Ora, per avere un quadro
chiaro della questione, leggetevi attentamente l’articolo pubblicato dal
periodico l’attesa nel 2012
Una brutta gatta da pelare quella dell’attuale sede
della sezione distaccata del tribunale di Napoli di piazza Josemaria Escrivà. L’immobile
era destinato, originariamente, ad accogliere il Centro per l’impiego. Il
terreno posizionato accanto al Municipio, dove, tra il 2007 e il 2008, fu
costruita la palazzina di tre piani, non è stato mai espropriato, né tantomeno
il Comune avrebbe risposto ai continui solleciti dei fratelli Antonio e Guido Cavallo, proprietari del suolo,
per addivenire a una soluzione bonaria. Così Antonio Cavallo, tra l’altro
avvocato civilista, per far valere i suoi diritti e quelli di suo fratello, ha
citato in giudizio il Comune.
“Non volevo arrivare a questo - afferma Antonio
Cavallo, tra l’altro anche noto esponente politico di sinistra (alle scorse
amministrative del 2006 si è fatto spesso anche il suo nome come potenziale
candidato sindaco Sel) -, ma mi ci hanno costretto. Ho cercato un accordo in
tutti i modi: a giugno scorso, in piena gestione commissariale, ho anche
promosso il procedimento di mediazione obbligatoria (tentativo di risoluzione
delle controversie davanti a un soggetto abilitato) ma il rappresentante legale
del Comune non si è presentato all’incontro, nonostante fosse stato sollecitato
dal mediatore. Questa loro assenza sarà fatta presente in sede di causa, il che
determinerà sicuramente una multa per il Comune: chi la pagherà, visto che la
questione è di competenza dell’ufficio legale?”.
Nel frattempo, i proprietari del suolo hanno anche
diffidato il tribunale per occupazione abusiva dell’area di sedime.
“E’ un atto dovuto – continua Cavallo – che serve
ad avvalorare le nostre ragioni”.
E se, in seguito alla citazione, il Comune dovesse
chiamarla per addivenire a una soluzione bonaria del problema, pagandole il
prezzo del terreno rivalutato, più, ovviamente, gli interessi legali, lei
accetterebbe?
“Adesso non mi accontenterei più di questa
soluzione. Ho cercato in tutti i modi di trovare un accordo, ma non sono
stato preso in considerazione da nessuno”.
E se in sede di giudizio il Comune dovesse soccombere?
“Noi proprietari del suolo diventiamo anche possessori
dell’edificio ivi realizzato, ovviamente dietro pagamento dell’opera o dell’aumento
di valore del suolo. Il vecchio orientamento giurisprudenziale stabiliva che,
nel momento in cui l’Ente (nel caso specifico il Comune) occupasse un suolo per
pubblica utilità, l’esproprio avvenisse di fatto. Questo concetto, però, è
ormai superato da diverse sentenze della cassazione e anche dalla Corte di
Giustizia europea, nelle quali è stato chiarito che qualsiasi Ente è equiparato
a una persona giuridica normale, quando occupa un suolo privato”.
Intanto, al Comune, si limitano a far sapere che, a
suo tempo fu avviata una trattativa per l’esproprio, come risulta dai
documenti, ma che non si concluse a causa dei proprietari del terreno. Se la cifra
che voleva offrire il Comune è quella che risulta dal quadro economico
finanziario, cioè 6.763 euro, si capiscono bene le ragioni del rifiuto, visto
che quel terreno, come conferma un dipendente dell’ufficio tecnico, all’epoca
valeva almeno 60mila euro.
Staremo a vedere come andrà a finire.
Intanto, il rischio che il Comune debba restituire il
finanziamento europeo di poco più di 1 milione di euro ottenuto per la
realizzazione dell’opera è molto alto.
Quello stabile, infatti, come detto, doveva essere sede
del Centro per l’impiego (mai spostato dai locali in fitto di Poggio Vallesana),
invece è stato utilizzato per ospitare, prima, gli uffici tecnici comunali e,
in seguito, per dare alloggio agli uffici del tribunale, in attesa che la
vecchia sede del Palazzo di giustizia di via Nuvoletta venga restaurata, poiché
dichiarata inagibile nel 2009. Per la
realizzazione è stato utilizzato un finanziamento regionale di 1.014mila euro,
al quale si è aggiunto il cofinanziamento comunale di cica 312mila euro,
contratto attraverso un mutuo. Essendoci stato un ribasso d’asta del 33,33% è rimasta una somma a disposizione (come
risulta dal quadro economico finanziario in nostro possesso) di 387mila865
euro, di cui 291mila di quota regionale (che l’Ente di Santa Lucia che non ha più
inviato, perché non è servita) e 96mila270 euro di quota comunale.
Torniamo a oggi ponendoci la seguente domanda: con
questi soldi rimasti, non si potevano pagare gli espropri, così si sarebbe
evitato il contenzioso che ha comportato al Comune anche la perdita del 73% della proprietà dell’immobile?